Sono tanti gli aggettivi che ho usato per descrivere Ut: criptico, metaforico, simbolico. Ciò che accomuna la metafora, il simbolo e la cripticità è la distanza che hanno dall’immediatezza. Questi tre elementi sono simulacri del significato, esattamente come Ut.
Ho tardato nel recensire questi ultimi tre volumi (il sesto numero arriverà a fine mese), ma così facendo ho la sensazione di poterveli raccontare meglio.
Chi conosce un po di cultura classica sa che le Storie sono come delle scatole cinesi ancestrali dove la storia di un eroe racconta la storia di un popolo che a sua volta racconta la Storia dell’Umanità in tutte le sue varianti.
Il teatro, sempre nella classicità, ha una funzione catartica.
La catarsi in un mondo occupato ad inquinare acqua, suolo e animi è qualcosa di sottovalutato nella società contemporanea: Le atrocità commesse in scena aiutano l’individuo nella pulizia spirituale.
Arrivo al sodo, perdonatemi, ma è difficile spiegare senza premesse un concetto così vasto e personale soprattutto se riguarda un’opera di per sè difficilissima (se non impossibile) da raccontare come Ut.
Dicevo, la catarsi è una pratica sottovalutata perché necessita tempo, ciclicità e ritualità.
Per Ut sono stati necessari 5 numeri e dunque 5 mesi affinché percorresse quasi totalmente il suo ciclo; Nella mia mente è ancora vivido lo smarrimento che ho provato dopo aver letto il primo numero e la sensazione è stata ancora più amplificata dopo aver letto il penultimo numero con una naturalezza quasi imbarazzante.
Questo perché tutti i processi necessitano di tempo per essere compresi e assimilati.
Leggere Ut mi è costato fatica, tempo e disorientamento ma sento di essere stata ripagata in conoscenza. Non quella assoluta, ovviamente. Una delle tante. Ho acquisito una conoscenza dell’Infanzia grazie alla figura di Ut. Una definizione per niente canonica della Maternità grazie alle Case. Una rielaborazione dell’Angelo della Morte grazie a Iranon. Una sfumatura dell’Alterigia grazie a Iv. Una declinazione della “Ricerca della Vita” grazie a Caligari.
Credo che la riuscita della serie sia proprio questa: Il trattamento dei topoi letterari in maniera non convenzionale che sposa la voce della Parola alla potenza visiva del Tratto in una maniera assolutamente personale come dovrebbe essere il fine ultimo di ogni fumetto.