Ken’s rage

di Thomas Baudone

ken

Sono passati più di dieci anni dall’uscita dell’ultimo gioco basato sull’opera di Buronson e Tetsuo Hara per Playstation, era nell’aria una nuova versione in HD, o quanto meno era logico pensare che prima o poi, con l’avvento delle console di nuova generazione, ritornasse prepotente l’archetipo (perché di questo ormai si tratta) di un personaggio che tanto è stato amato durante gli anni ‘80 e che tanta fama ha dato ai suoi autori. Tra versioni videoludiche dei vari Naruto, Bleach, One Piece e Dragon Ball, davvero sembrava assurdo che a mancare all’appello fosse proprio quella che è considerata universalmente – da critici e fans – come una delle serie migliori mai scritte. Ha poca importanza infatti se, durante le due serie ( e i conseguenti libri derivati), ci si ritrova spesso dinnanzi a delle discrepanze della trama, quando non del vero e proprio plot, la storia di Kenshiro Kasumi, 64° successore dell’Hokuto Shinken (Colpo Divino dell’Orsa Maggiore), ha saputo trasportare ed emozionare almeno tre generazioni di lettori o spettatori che, seguendo le sue gesta, non hanno potuto fare a meno di esaltarsi e appassionarsi. La linea di prodotti che ruota attorno a Ken il Guerriero è pressoché infinita, partendo dai manga si passa agli anime, per proseguire coi film per il grande schermo, reinterpretazioni varie operate da vari registi, per poi approdare al mondo ludico con videogiochi e giochi di ruolo (tra cui la palma del migliore va sicuramente a quello targato Nexus che ha natali totalmente italiani). Come accennavo in precedenza, dieci anni or sono, uscì per il mercato giapponese (ma non per quello occidentale) l’ottimo Hokuto no Ken: Seikimatsu Kyuuseishu Densetsu, per la prima console di casa Sony e nonostante la grande fama di cui godeva il personaggio anche in occidente ( e di conseguenza in Italia), mai nessun gioco venne localizzato, costringendo i più accaniti fans della serie a modificare le proprie ‘macchine’ e a giocare ore e ore sotto l’egida di un idioma complesso e totalmente sconosciuto, che spesso rendeva impossibile capire lo sviluppo della trama a meno di non essere un appartenente allo ‘zoccolo duro’ degli appassionati e conoscere a menadito la triste e sanguinosa storia che contraddistingueva i maestri della Divina Scuola di Hokuto. Sofferenza per l’occidente dunque, tagliato fuori – come spesso accade – da un molto più prolifico mercato orientale, certo l’Italia vide alcuni interessanti esperimenti (tutti naufragati) per la creazione, nell’ordine, di un gioco di ruolo sviluppato con Rpg Maker (di cui esiste un’ottima demo scaricabile) e di altri due giochi (rispettivamente un ennesimo rpg e un classico picchiaduro bidimensionale) che tuttavia non hanno mai visto la luce, nemmeno in una versione beta del prodotto. Facile intuire quanto hype vi fosse attorno a questo nuovo gioco sviluppato da TEMCO KOEI, essendo il primo per nuove console e, soprattutto, essendo il primo gioco ad essere localizzato in italico idioma (l’unico altro gioco giunto in occidente risale all’epoca dell’Amiga e oltre ad essere una vera e propria porcata non aveva praticamente nulla da localizzare, visto che non esistevano testi inseriti). Il 5 Novembre del 2010 finalmente la lunga attesa sembra essere terminata, negli espositori dei vari negozi di videogames ecco campeggiare la figura del guerriero di Hokuto, il titolo accattivante che richiama la versione americana dell’opera, Fist of the North Star: Ken’s Rage non può trarre in inganno, siamo molto oltre ‘la fine del ventesimo secolo’ di introduttiva memoria, ma l’Unificatore, il Salvatore è indubbiamente tornato e, ne sono sicuro, molti nel prendere in mano la confezione avranno provato una sorta di brivido di eccitazione e non avranno saputo resistere all’acquisto. rey Probabilmente un incauto acquisto, sì perché – e lo dico subito, tanto per fugare ogni dubbio – questo gioco è una grossa delusione, per l’avventore occasionale, per il fans della serie e forse anche per i veri e propri maniaci del mondo post apocalittico presentato ormai un ventennio fa sulle pagine del manga omonimo. Lo sviluppo di questo gioco è stato affidato dalla KOEI al team responsabile di tutti i giochi (e relativi spin-off) di Dynasty Warriors. Tecmo-Omegaforce sviluppa così un beat’em up dove incessanti orde di nemici assalgono il protagonista e vengono puntualmente falciati via senza troppa difficoltà. Qualche spruzzatina di rpg per la crescita del personaggio utilizzato che male non fa mai e un’intelligenza artificiale a dir poco imbarazzante che affida la sua difficoltà al quantitativo di nemici affrontati piuttosto che al loro saper rispondere ai colpi avversi. La grafica è indubbiamente accattivante, i personaggi sono graficamente riportati come nel manga e non come nella serie TV (cosa buona e giusta!) e ottima la trovata del Photoshot (con tanto di scritta in sovrimpressione con il nome della mossa) una volta eseguito uno dei tanti colpi esoterici o hyperborei che le Scuole di arti marziali del mondo di Ken permettono. Questo non basta però a rendere il gioco coinvolgente, anzi non lo riesce a rendere neanche minimamente divertente. La trama segue fedelmente quanto visto nella prima serie di Hokuto No Ken, combattimenti dunque contro Zed, contro Shin, contro Rey, e così via fino ad arrivare all’epico scontro con il fratellone maggiore, quel ‘Re di Hokuto’ che tanto ha fatto tremare la terra, Raul. Peccato però che il ritmo narrativo, all’inizio, sia costantemente spezzato da pause che consentono a fastidiosi pop-up informativi di esplicare i vari tasti e le varie modalità di gioco e, successivamente, sempre il solito ritmo narrativo sia ostacolato da assurdi e mal riusciti elementi da platform game di cui davvero si poteva fare a meno, il tutto persi nella più classica delle ambientazioni di Kenshiro che appare terribilmente desolata, nel senso di texture e non di mancanza di strutture sociali a conseguenza dell’esplosione di una guerra nucleare. Sulla colonna sonora poi v’è da dire che più fastidiosa non potrebbe essere, le solite due canzoni, in aria metal, ripetute fino alla nausea, da questo punto di vista – unica nota positiva – è quella di poter giocare con le voci originali in giapponese e sottotitolate in italiano. Considerando che la traduzione italiana era diretta da Bruno Cattaneo, e valutata come la migliore al mondo, non è poi una grande pregio per questo prodotto. Di pro questo gioco ha sicuramente i vari personaggi sbloccabili: avanzando infatti si potranno vivere anche le avventure di Rey e Mamiya (tra i tanti), e – inutile nascondersi dietro un dito – è sicuramente il miglior gioco mai creato in fatto di infodump su Kenshiro. Dover però ripetere più volte un livello, per poter così sbloccare una particolare mossa o un particolare talento, in modo da essere in grado di sconfiggere un boss avanzato, fa scemare l’interesse e – in qualche modo – innervosisce. L’idea generale è che questa sia una sorta di furberia atta ad allungare la broda, quattordici missioni, più quelle dei vari personaggi sbloccabili, per un 30 ore di gioco, sicuramente non un tempo eccessivo per un gioco da 64,90 €. Ecco dunque che la necessità di ripetere un livello per potenziarsi viene in soccorso, poco importa se a livello narrativo è una cretineria. In conclusione posso dire che questo gioco non accontenta proprio nessuno, tranne – forse e solo forse – i fans più accaniti della serie. Gli intermezzi in animazione non riescono a ricreare il pathos, il dover continuare a girare uccidendo nemici pressoché immobili come statuette non dona la minima emozione e anche il sistema di controllo non impegna minimamente, rendendo questo prodotto un mero approfittatore di un brand commerciale famosissimo. Aver aspettato così tanto per un prodotto del genere non può che essere una grande delusione, pazienza aspetteremo ancora, magari una Ubisoft che crei la Hokuto Version di Assassin’s Creed, o – ancora meglio – una Bathesha che crei su di Ken il gioco di ruolo definitivo.