Non sempre la grande cucina incontra i favori del pubblico: e quando lo chef osa troppo, c’è il rischio che gli avventori si orientino su pietanze più convenzionali.
Come molti già sanno,in seguito alla terza puntata della terza stagione, la NBC ha cancellato Hannibal, il thriller-horror firmato Bryan Fuller che ha portato sul piccolo schermo i personaggi della fortunata serie di libri di Thomas Harris (già trasposti con successo al cinema, in primis ne “Il silenzio degli innocenti”). La notizia ha ovviamente gettato nello sconforto gli appassionati e ha deluso anche la critica; sfortunatamente, dovendo ragionare in termini puramente pragmatici, i numeri non mentono.
Fin dal suo debutto, Hannibal ha totalizzato ascolti bassi, troppo bassi per una tv pubblica. La prima stagione ha visto una media di 2,9 milioni di spettatori a episodio, la seconda è scesa ulteriormente a 2,5 e la terza stagione, al momento giunta alla quinta puntata, è ferma a un desolante 1,8. Volendo fare un paragone con Aquarius, crime drama in onda sullo stesso canale e più o meno affine per contenuti, ci troviamo di fronte una rassicurante media di 4,2 milioni di spettatori (nonostante quest’ultima serie sia stata resa disponibile interamente online, sul modello di Netflix): non c’è competizione.
È davvero un’amara ironia che al calo dell’audience corrisponda invece l’apprezzamento convinto della critica e dei siti specializzati: su Rotten Tomatoes la nuova stagione sta totalizzando un punteggio di 8,7 su 10, e di 84 su 100 su Metacritic, pari a Game Of Thrones e superiore a un’altra “big thing” come House Of Cards. Già, perchè all’alba della terza stagione, la serie ha raggiunto la sua perfezione formale. Ogni inquadratura, ogni dettaglio è calibrato e cesellato, e il risultato finale, potendo contare anche sulle bellezze artistiche dell’ambientazione italiana (dal Palazzo Vecchio a Firenze alla Cappella Palatina di Palermo), è una gioia per gli occhi.
È possibile che proprio questa ricercatezza estrema, al limite dell’auto-compiacimento, costituisca un limite alla fruibilità, considerando che il pubblico americano non è troppo sensibile a Dante e a Botticelli (per non parlare dei riferimenti alla famiglia dei Pazzi).
Quanto alla trama, siamo di fronte a una sorta di reboot: dopo il clamoroso cliffhanger della seconda stagione, che ha visto l’apparente trionfo di Hannibal su tutti i suoi avversari, la serie si profila come una lunga caccia all’uomo sul suolo italiano, con tre distinti gruppi di inseguitori. Da una parte troviamo il sempre più allucinato Will Graham in compagnia di Chiyoh, amica di infanzia di Hannibal ed ex-attendente della zia giapponese di lui, lady Murasaki; dall’altra Jack Crawford che collabora con l’investigatore italiano Rinaldo Pazzi (interpretato da un convincente Fortunato Cerlino), personaggio già comparso nel film “Hannibal” del 2001; infine, l’anomalo trio composto da Alana Bloom, da un redivivo dott. Chilton e dal sempre viscido Mason Verger (re-cast per lui, da Michael Pitt a Joe Anderson). Nel frattempo il dott. Lecter soggiorna a Firenze, insieme alla sua accompagnatrice/ostaggio Bedelia Du Maurier (una sorprendente Gillian Anderson, ora promossa a personaggio principale), e assume l’identità di uno studioso di letteratura rinascimentale.
La stagione sembra aver ormai abbandonato la componente procedurale, insieme a certi clichè ormai fastidiosi (il serial-killer della settimana, l’abusatissima catchphrase “This is my design”), e la serie ne guadagna in ritmo e continuità, sebbene il realismo di certe scene sia ancora un lontano miraggio.
Sarà comunque una stagione divisa in due, a partire dai titoli: se le prime puntate riprendono lo schema dei nomi di piatti tipici (ovviamente italiani), la seconda parte si ispirerà al ciclo dei dipinti del “Grande Drago Rosso” di William Blake. Sarà allora che gli sceneggiatori caleranno l’asso nella manica, forse il personaggio più inquietante partorito dalla penna di Harris: la Fatina dei Denti Francis Dolarhyde (interpretato da Richard “Scudodiquercia” Armitage).
Per il futuro, non ci resta che attendere. Le trattative con Netflix e Amazon sono in corso, anche se i margini sembrano ridotti: la notizia che Fuller ha liberato gli attori dai loro obblighi contrattuali non non depone certo a favore di una continuazione.
Volendo fare un paragone calcistico, Hannibal è un giocatore dotato di una tecnica sublime e visione di gioco, che ha raggiunto la piena maturità agonistica; ma poiché non segna tanto e non fa vendere magliette, la società decide di non rinnovargli il contratto. Speriamo quindi che un’altra squadra – magari con meno ambizioni di classifica – decida di ingaggiarlo. Non se ne pentirà.