Nel film “Giovanna d’Arco” di Luc Besson, c’è una scena in cui la protagonista (Milla Jovovic) ha un lungo dialogo con la personificazione della propria coscienza (interpretata da Dustin Hoffman): quest’ultima mette Giovanna di fronte a tutte le sue contraddizioni in merito ai presunti “segni divini” che ha ricevuto, quasi schernendola e portandola a un passo dal crollo emotivo.
Questa scena mi è tornata in mente più volte durante la visione del magnifico season finale di Penny Dreadful, sia nel confronto tra Vanessa e il Diavolo, sia in quello – ancora più drammatico – tra Viktor e sir Malcolm e le visioni dei propri cari.
Nella recensione della prima puntata avevo scritto che in questa serie, il vero nemico è il male che dimora nell’animo di ognuno di noi. Un male che, per i tre personaggi, viene sfruttato come arma dai loro avversari agendo sui loro sentimenti più inconfessabili: nel caso del dottor Frankenstein e di Malcolm, il senso di colpa per avere – il primo – sacrificato le sue “creature” in nome dell’ambizione scientifica di vincere la morte, e abbandonato – il secondo – la sua famiglia per proteggere Vanessa. Proprio Vanessa è sottoposta alla prova più dura; per vincere la sua resistenza, il Diavolo arriva a mostrarle la tentazione suprema: una vita felice e normale con Ethan, due bambini, Mina ancora viva…
Una visione intensa e straziante tanto per la protagonista quanto per noi spettatori, che percepiamo perfettamente quanto questo scenario idilliaco sia in realtà impossibile, un inganno.
Vanessa però ha ultimato il proprio processo di maturazione, e supera la prova semplicemente accettando il proprio lato oscuro, la verità su se stessa: “You offer me a normal life. Why do you think I want that anymore? I know what I am. Do you?”. Lei non è e non sarà mai una donna come le altre, non vuole la serenità del focolare, è pronta a combattere in prima persona, anche a costo di rinunciare all’amore di Ethan.
Questa capacità di sondare l’animo dei protagonisti e sfruttare al massimo le loro potenzialità narrative rappresenta il vero punto di forza della sceneggiatura; anche nelle puntate più lente e con meno azione, la profondità dei dialoghi (sempre infarciti di riferimenti letterari) e l’esplorazione della psicologia mantengono sempre alto il coinvolgimento dello spettatore.
Vanessa rimane al centro della narrazione, ma rispetto alla stagione precedente, anche i personaggi più marginali si ritagliano il proprio spazio: come Sembene, la cui sincera amicizia – fino all’estremo sacrificio – sarà fondamentale per Ethan per non crollare di fronte alla consapevolezza della propria natura animalesca; o come Dorian Gray, che mostrandoci il suo celebre dipinto getta definitivamente la maschera da raffinato dandy e si rivela un immortale spietato e avido di conquista, non solo di piacere.
Caratterizzazioni invertite ma sempre coerenti per altri personaggi: Caliban, la Creatura, passa da carnefice a vittima di impresari senza scrupoli, mentre Brona, realizzata la propria natura di rediviva, volta le spalle a Frankenstein schierandosi al fianco di Gray, sedotta dall’oscura attrazione della vita ultraterrena.
Volendo cercare dei difetti, le scene di combattimento contro le “figlie” di Mrs. Poole si sono rivelate abbastanza sbrigative e poco credibili, e in generale gli antagonisti della stagione, pur non mancando di fascino e carisma, sono stati sconfitti con una semplicità forse eccessiva. Si tratta comunque di difetti lievi, considerando che questa non è certo una serie che pone nell’azione vera e propria l’accento maggiore.
Il finale ci lascia con una situazione abbastanza netta, in cui ogni storyline sembra essersi separata dalle altre: Ethan, sir Malcolm e Caliban, per ragioni differenti, hanno iniziato un nuovo viaggio abbandonando lo scenario londinese; Viktor è giunto ormai all’abisso della disperazione, e la trama per lui può aprirsi in ogni direzione, comprese le più drammatiche; Dorian Gray e Brona si pongono come potenziali villain delle prossime stagioni; rimane Vanessa, consapevole della propria condizione e apparentemente rassegnata a una battaglia solitaria.
Il futuro della serie potrebbe mostrarci nuove ambientazioni, magari chiamando in causa il padre di Ethan (finora solo nominato), o coinvolgendo sir Malcolm in nuove imprese africane. Le scene finali riservate a Hecate, il principale tra i “sottoposti” di Mrs. Poole, potrebbero lasciar intendere un suo ritorno nella prossima stagione, anche se come soluzione avrebbe il sapore della ripetizione.
In conclusione, con la seconda stagione Penny Dreadful compie l’atteso e meritato salto di qualità, passando da serie piacevole per gli appassionati del genere, a must-see per tutti coloro che cercano prodotti televisivi di qualità. Quindi, se amate le atmosfere lugubri, decadenti e ottocentesche, la poesia inglese e il gothic horror, non avete scuse; se amate “semplicemente” le serie ben scritte, caratterizzate e recitate… non avete scuse ugualmente.