Le avventure del grande detective Sherlock Holmes ci sono sempre state raccontate attraverso gli occhi del fido dr. Watson: è lui, nelle opere del loro creatore Arthur Conan Doyle, a scrivere le ‘memorie’ delle imprese che hanno vissuto.
Ma cosa sarebbe successo se Watson fosse stato il vero genio della coppia, il campione del ragionamento deduttivo, l’autore dei resoconti delle sue stesse vittorie sul crimine, rese poi sotto forma di novella con protagonista il fittizio detective… Sherlock Holmes?
Esatto: in Without a Clue – Senza Indizio per la regia di Thom E. Eberhardt, il celebre investigatore è solamente l’alter ego del dottor John Watson, che fin da giovane ha risolto casi e messo su carta le sue imprese facendole vivere da un immaginario personaggio… che poi ha avuto così tanto successo da costringere il povero dottore a fargli prendere vita (letteralmente) per continuare la sua attività.
Assoldato un attorucolo di terz’ordine in rovina da anni, tal Reginald Kinkaid (Michael Caine), adesso Watson (Ben Kingsley) è libero di assecondare la sua indole poliziesca senza dover rendere conto a nessuno: d’altro canto, deve istruire e tenere a bada un farfallone pericolosamente attratto da alcol, donne e gioco d’azzardo, sebbene ottimo nella sua interpretazione… quando non dimentica le battute.
In questa intelligente parodia della mitologia di Holmes, che pare più sbucata dagli anni settanta piuttosto che dai tardi ottanta (il film è del 1988), non mancano difetti e momenti morti, ma il grande mestiere dei due carismatici protagonisti e l’atmosfera di divertita presa in giro riescono a sopperire ad una sceneggiatura chiaramente scritta con l’intento di giocare ai paradossi. Completano il cast di personaggi due interpreti noti e amati: l’azzimato ispettore Lestrade di Jeffrey Jones e il “diabolico” professor Moriarty di Paul Freeman. Spazio anche alle signore, con una rassegnata ma energica Mrs Hudson e due belle ragazze (anzi… tre: ma una è a sorpresa!) e agli ‘irregulars‘ di Baker Street.
Momenti migliori: tutti quelli dove Caine fa la parte dell’alcolizzato, quando il nostro ‘Sherlock‘ esamina un cadavere con un legnetto a distanza schifata per poi dire: “E’ morto”, il duello di spada finale con Moriarty sul palcoscenico del teatro abbandonato.
Implicito il parallelismo di questo Watson con lo stesso Conan Doyle, un autore perseguitato, inseguito e preceduto ovunque dall’ombra della sua creatura celeberrima: anche lui tentò di ‘far sparire’ Holmes, e il furor di popolo lo fece resuscitare… per non parlare dello Strand Magazine, presente anche nel film, che letteralmente lo vendeva come il pane!
Ovviamente non siamo nei territori della ‘metà oscura’, quanto piuttosto di una garbata, very british e gradevole commediola dove l’idea di partenza è il motore delle gag, sia verbali che fisiche, e del progredire dell’intreccio.
Curiosa una parodia interpretata da due premi Oscar: Caine aveva vinto l’anno precedente come miglior attore non protagonista per Hannah e le sue sorelle di Woody Allen, mentre il caro Ben Kingsley, inutile ricordarlo, è il memorabile Gandhi di Richard Attemborough.
Una visione adatta a tutti quelli in ‘crisi d’astinenza’ da Sherlock, e a chi ama i film classici della saga più che i romanzi originali. E poi Caine e Kingsley sono adorabili!