Sucker Punch

Pessimo. Con quell’amaro in bocca ancora più disgustoso dovuto alle aspettative e alla consapevolezza dell’occasione persa. Non vedo motivi per salvare Sucker Punch (SP), harakiri di un regista baciato dal successo e dalla fortuna per meriti che evidentemente si sono già esauriti da un pezzo. Snyder godeva della mia stima quasi totale per L’alba dei morti viventi, per 300, per Watchmen, perché è un ragazzo genuinamente nerd e appassionato. Ma SP non posso perdonarglielo. Non di aver fallito un’occasione così. Se questo è il suo film più personale, voluto, cercato, scritto, prodotto, diretto… allora… evidentemente non solo io, ma in tanti ci siamo sbagliati.
Dopo un inizio promettente e abbastanza evocativo, di stile, il film sbanda paurosamente tra steampunk, fantasy e cyber… senza “drama” come quei fumetti d’accatto di piccole case editrici che buttano nel calderone mille temi senza portare niente a casa. Un po’ come noi spettatori di SP.
Cerchiamo qualche aggettivo positivo che qualcuno ha dato al film. Personale: c’è qualcosa che già non sappiamo? Innovativo: non pervenuto. Divertente: vi sfido a sorridere più di quanto non sbadigliate, e siate sinceri. Visionario: dove? Le scene d’azione sono eccitanti quanto le partite della fase di qualificazione del torneo di canasta delle nonne del quartiere. Ci fosse una, dico una cosa che non sappia di orrendamente già visto. E il già visto non sarebbe niente se non fosse già anche masticato e vomitato senza neppure tentare di indorare la pillola.
Senza contare gli effetti visivi che vanno dal buono al mediocre senza picchi di eccellenza.
Per quanto ancora sarà divertente veder schivare pallottole al ralenti e il mitico “salto carpiato + spadata” per schivare e rispondere al colpo del nemico?
Mi spiego meglio, se voglio andare a vedere un action di serie C senza senso mi imbuco in un film a caso di Paul W.S. Anderson e so a cosa vado incontro.
Almeno adesso sappiamo che dal signor Snyder, specie se in veste di soggettista/sceneggiatore, non c’è da aspettarsi niente di buono. Ma proprio niente. I conati sulle pretenziose frasi di apertura e chiusura sono un chiaro segno di qualcosa andato dannatamente storto.
Il film riesce a rendere perfino insopportabile una colonna sonora di maledetta furbizia ricca di cover da fa tremare le vene dei polsi (Sweet dreams, Where is my mind?, Army of me…) ma, anche qui, per niente sorprendente quanto a scelte, a uso, a riuscita complessiva.
Questa non sarà una pellicola sottovalutata o incompresa da rivalutare in futuro, è solo lo spettacolo insulso che vi vedete di fronte. Dimostrazione all’atto pratico? Nonostante l’hype e qualche fan SP sta già sprofondando e probabilmente non recupererà mai gli oltre 80 milioni di dollari di budget (dovrebbe fruttarne il doppio), neppure sommando gli incassi nel mondo. Con buona pace dei difensori a tutti i costi di Zack, che un martire dei film d’autore non è mai stato.
Che cosa resta? Un paio di movimenti di macchina da applausi nelle scene meno convulse, la fotografia, tre o quattro dettagli molto azzeccati. Tutto il resto, cantava quello, è noia.
E nonostante la carne in campo (tipo Rocket, cioè Jena Malone, per me amore a prima vista) non c’è manco l’ombra di un po’ di fanservice consolatorio.
La cosa migliore da augurare a questo film è un flop veloce e indolore, come una lobotomia.
Qualcosa che metta fine alle velleità autoriali di Zack (terzo pesante fiasco in fila, non male) e lo rispedisca nelle retrovie dei registi di lusso per sceneggiatori con qualche dote.
Poi, sperare in qualcosa di diverso che dimostri che Snyder non è lobotomizzato definitivamente, e noi neppure. Magari iniziando dimostrandoci che siamo ancora capaci di pretendere blockbuster sì, minchiate sì, action iperbolici sì, ma con un minimo di criterio.