Questa recensione segue la bevuta di un buon bicchiere di rum e – nessuno venga a dire che i film danno il cattivo esempio! – ci voleva proprio, considerata l’indole del Capitano Haddock, il vero protagonista di questo (primo) Tintin firmato Spielberg-Jackson.
Un progetto venuto da lontano ma atteso per ben trent’anni… nato quando in terra europea e in particolare nei paesi francofoni al suo I predatori dell’arca perduta (1981) Spielberg continuava a sentir paragonare un fumetto belga di nome Tintin, di un tal Hergè.
Mito in Europa (non proprio in Italia, come sempre arretrata culturalmente su fumetti e cartoon) Tintin è stato sinonimo di fumetto di avventura per oltre mezzo secolo con la sua linea chiara e la narrazione precisa, colta, particolareggiatissima (alcune tavole sono davvero impressionanti per minuziosità realizzativa) perfino anticipatrice di temi, tendenze, fatti poi accaduti (la conquista dello spazio…)
Inevitabile quindi per il cineasta di Cincinnati la trasposizione, stavolta un progetto condiviso con un altro suo “allievo”, quel Peter Jackson che forse più degli altri (JJ, are you listening?) incarna l’anima spielberghiana più infantile e sperimentatrice. Il risultato è certamente superiore e più interessante di Super8, e riporta il buon vecchio Steven dietro la macchina da presa a livelli ormai andati perduti anni or sono.
Per vigore narrativo, ritmo, divertimento, voglia di sperimentare: la libertà creativa garantita dall’animazione e dal performance capture degli attori permette alla mdp virtuale di compiere voli, panoramiche, salti e carrellate altrimenti impossibili. E i nostri autori se le concedono tutte.
Il comparto degli sceneggiatori tutti rigorosamente inglesi fa sicuramente la differenza (e a ben vedere, sebbene “americanizzato” nello spirito, il tocco britannico si sente eccome): Steven Moffat, l’uomo d’oro del momento, colui che sta dietro il successo strepitoso della recente vita del Doctor Who, a cui Spielberg ha promesso fin dal 2008 massima libertà creativa; Edgar Wright, regista e sceneggiatore giovane e di belle speranze, che dopo i fasti di Shaun of the dead e Hot Fuzz deve riprendersi dall’insuccesso commerciale (immeritato o meno che sia) di Scott Pilgrim; e l’altrettanto promettente Joe Cornish, astro della comicità e della radio appena passato dietro la macchina da presa con il sorprendente Attack the Block (consigliatissimo).
Condite tutto con un reparto tecnico da record e una resa visiva spettacolare, e avrete il perfetto blockbuster d’avventure per tutta la famiglia. Ok, perfetto forse no, grazie al cielo: le sue belle sbavature e le opinabili scelte, anche naif se vogliamo, non intaccano un’opera capace davvero di riportarci alla mente quei bei film che ci facevano correre con la fantasia nei bei tempi andati.
Ad un Tintin di routine di Jamie Bell (ma è davvero difficile rendere simpatico il ragazzino saputello e a cui tutto riesce bene…) si affiancano il meraviglioso, magniloquente, alcolizzato, depresso e lunatico Capitano Haddock del sempre-troppo-bravo-e-poco-riconoscibile Andy Serkis e il cattivissimo e mellifluo Daniel Craig. In parti di contorno (quanto mai sacrificate ma divertenti) Nick Frost & Simon Pegg, Toby Jones, Cary Elwes. I personaggi sono realizzati in maniera davvero ottima, dall’espressività ai movimenti, senza legnosità e sensazioni stranianti per lo spettatore. L’aspetto caricaturale, poi, accentua il versante “cartoon” che fa accettare senza problemi tutte le incredibili evoluzioni sopra le righe che una diversa realizzazione live-action avrebbe reso stonate e difficili da ricevere.
Sotto il profilo dello spettacolo, da segnalare senz’ombra di dubbio uno scontro navale con annesso arrembaggio e duello di capitani che in una manciata di minuti fa impallidire e umilia l’intera quadrilogia dei Pirati dei caraibi, una sequenza d’azione-inseguimento in nordafrica che fa dimenticare l’intero Indiana Jones 4, uno scontro finale al cardiopalma che seppellisce filmetti d’azione come A-team senza nemmeno sudare. In più, tanti siparietti e gag di contorno che sono uno spasso.
E tutto questo con una fluidità d’animazione e una espressività dei personaggi (Haddock parla con gli occhi, guardate bene i primissimi piani) che lascia davvero a bocca aperta, soprattutto per i futuri sviluppi di questa tecnologia che rende il cartoon più vero del vero.
Promosso a pieni voti e una bella iniezione di fiducia nel futuro.
Per festeggiare, appunto, non poteva starci niente di meglio di un bel bicchiere di rum.