La seconda prova nel lungometraggio della giovane promessa Neill Blomkamp è un oggetto che rischia
soprattutto macchine in grado di guarire qualsiasi malattia o ferita direttamente a casa. Matt Damon è un ex galeotto di buon cuore, ancora innamorato della bambina che ha conosciuto nell’orfanotrofio delle suore anche se non la vede da anni, e ha deciso di rigare dritto lavorando in fabbrica. Parola d’ordine: non morirò sulla Terra, andrò su Elysium. Peccato che i ‘viaggi della speranza’ su catorci volanti che il criminale Spider spedisce facendo pagare biglietti salatissimi, spesso si risolvano in decine di morti, cannonati dalla spietata burocrate Jodie Foster, che mette i piedi in testa pure al pacifico Presidente in carica. Vi sembra di guardare in telegiornale? Bravi. Ma sono solo le premesse e il contesto: l’azione, ovviamente, si svilupperà per una serie di eventi a catena che porteranno il protagonista non solo a lottare (con tanto di esoscheletro) per raggiungere l’Eden tra stelle, ma anche ad avere la chiave per una ‘nuova speranza’… mentre anche gli arroganti tecnocrati dovranno fare i conti con le loro stesse armi non convenzionali e variabili impazzite. Di più non posso dire e nemmeno commentare, anche se mi piacerebbe, perchè sarebbero spoiler come se piovesse!
Impossibile non notare, anche nella sua forma da popcorn movie, i temi delle differenze sociali, dello sfruttamento, dell’intolleranza e della violenza di stato: eppure, lo stesso autore dice di non voler veicolare assolutamente nessun ‘sermone’ ma di ispirarsi alle vicende contemporanee e proiettarle in un ipotetico futuro. Come hanno sempre fatto i grandi della fantascienza: indipendentemente dal risultato finale, Elysium non dimostra mai di voler lasciare il campo dello spettacolo per quello dell’allegoria predicatoria. Anche se, siccome nel cinema le immagini contano più delle parole, è evidente che al giovane sudafricano Neill interessa molto di più la baraccopoli terrestre dei poveracci che il paradiso delle stelle per ricchi.
Insomma, di Elysium in sé in quanto stazione orbitale d’elite gli importa poco, e lo dimostra mostrandola pochissimo e descrivendola quasi per niente: vediamo per pochi secondi i ricchi abitanti e in qualche campo largo dallo spazio le affascinanti architetture, poi è una sequela di corridoi angusti di basi non meglio collocate dove va in scena una – fin troppo semplice – battaglia per il potere e soprattutto, il raggiungimento dello status di ‘cittadini’ e non emarginati o spazzatura… non parliamo poi delle ‘magiche’ capsule sanitarie che ricreano le cellule e ricostruiscono da zero parti del corpo esplose.
A chi ha amato District 9 con molta probabilità Elysium risulterà un prodotto quasi indigesto: un po’ perchè manca quella cattiveria nel portare fino in fondo le estreme conseguenze delle premesse, un po’ perchè c’è un eroe troppo buono per essere vero anziché un antieroe braccato da tutti, vigliacco ma in fondo di buon cuore. E soprattutto un finale hollywoodiano anziché irriverente.
Elysium rimane un film, non neghiamolo, interessante, benissimo girato, diverso dai canoni puliti e asettici di troppa fantascienza recente e che, pur non essendo un gioiello di originalità, porta a casa la missione con onore. Lo so, noi che siamo tanto esigenti vorremmo sempre il massimo, specie da uno come Blomkamp, è vero…
Beh, tornate a sorridere: il prossimo progetto è un mid-budget da 60 milioni, Chappie, con Sharlto Copley protagonista (evviva!) assieme ai due pazzi leader del gruppo Die Antwoord, e parlerà della vita di un androide!