Defiance – Tra serie TV e gioco

Come tutti sappiamo, Defiance  adesso alla sua seconda stagione sul canale SyFy – è una serie ambientata in un possibile futuro in cui convergono sette specie diverse di alieni, chiamati complessivamente Votan. Tra le varie specie non scorre buon sangue, come con gli umani.
Nel momento in cui la serie è andata in onda, Trion ha lanciato il videogioco omonimo che presenta storie che, in diversi punti, si sincronizzano a quelle dello show. Questo comporta una sfida unica sia per lo staff creativo dello show che per la crew che si occupa del gioco.
Kevin Murphy, produttore esecutivo/co-creatore/showrunner di Defiance, come lo era stato in precedenza per Battlestar Galactica, ha preso parte ad un evento che la NBC ha organizzato per la stampa, in cui ha parlato delle origini di Defiance, della relazione tra show e gioco, e di tanto altro.

Defiance Show & GameCom’è iniziato Defiance e come è cambiato quando lei ha preso parte al progetto durante il suo sviluppo?
La versione originale era più un procedurale con un finale chiuso. Era più uno show di fantascienza con il caso della settimana, e abbiamo deciso di cambiarlo quando fu scelto Cult [serie della CW del 2013] e Rockne O’Bannon, co-creatore e show runner originario di Defiance, se ne andò. Allora non ero sicuro che lo show avrebbe funzionato con quella storia, e non volevo avere la responsabilità per qualcosa su cui non avevo lavorato. Quindi diedi alla SyFy una scelta; dissi “Vi fornirò un nuovo show runner, mi assicurerò che i casting continuino e che il pilot venga prodotto, ma non starò qui a meno che non inizi a credere nello show”. E loro dissero “Beh, cosa ne vorresti fare?”, e fondamentalmente risposi “Beh, dovremmo più o meno liberarci di quasi tutti i copioni e mi dovreste permettere di dare il mio tono”.
E così feci. Lavorai sodo con lo staff degli scrittori; a quel punto era l’ultimo giorno di Rockne e ci stava aiutando a riconcepire la storia, e Scott Stewart, il regista, era molto coinvolto nel processo, come anche Michael Tylor, che aveva lavorato su Battlestar Galactica ed era un membro dello staff sotto le mie direzioni. Lanciammo l’intero progetto all’allora presidente della SyFy, Mark Stern, mentre stava andando in vacanza a Palm Springs con la sua famiglia, quindi sia la moglie che i figli erano in macchina con lui, e la discussione durò circa 90 minuti perché presentammo la storia dall’inizio alla fine, ogni singola battuta. Finimmo nel momento in cui parcheggiò accanto all’hotel di Palm Springs. Disse “Ok, lo adoro. Andate a scriverlo”.

Avete fatto dei cambiamenti sostanziali ai personaggi?
Ho aggiunto un’idea presa dal film Paper Moon, e cioè che Nolan (Grant Bowler) venisse da fuori e che fosse un truffatore, un girovago, un venditore da strapazzo ed un criminale. Altre cose che ho aggiunto sono state: l’idea che Amanda (Julie Benz) fosse sindaco da sole 6 settimane e che fosse l’assistente dell’ex sindaco e nessuno la prendesse sul serio; l’idea che Irisa (Staphanie Leonidas) fosse in grado di usare lame e che fosse una sorta di cazzuta allo stato selvaggio. Sono state idee mie e anche di Michael. Quando dico “mia” includo anche lui, che è sicuramente il mio complice. Non saremmo stati in grado di dare forma a quel tipo di copione senza di lui.

Quando è stato prodotto tutto questo?
Mentre stavamo facendo i casting. Grant era venuto per fare una prova insieme ad altri colleghi. Io ero un grande fan del suo show neozelandese, Outrageous Fortune, perché interpretava Wolf, ed era la mia serie preferita. Cercai per anni di ottenere i diritti del format, ma nessuno me li diede, quindi quando vidi che lui era sulla lista per Defiance, dissi “Oh mio Dio, è Nolan, è Nolan”. Dovetti spiegargli che il copione per cui aveva firmato non esisteva più, quindi quando venne per i test, lo feci venire presto, mi accomodai con lui, e dissi “Ti devo raccontare una storia. Il tuo personaggio sta cambiando – spero ti piacerà perché io sono un grande fan di Outrageous Fortune”. Gli raccontai la storia e disse solamente “Ok, amico, sembra fantastico, facciamolo. Cosa devo fare?
Tra il cast avevamo dei bei nomi per una serie fantascientifica. Grahma Green, che interpreta Rafe McCawley, ha avuto una nomination agli Oscar, abbiamo Julie Benz e Jaime Murray – questo è il mio secondo show con lei, quindi la sua presenza non poteva fare male a nessuno -, abbiamo Tony Curran che è fantastico – ha interpretato Vincent VanGogh in Doctor Who e l’Uomo Invisibile in The League of Extraordinary Gentlemen [La leggenda degli uomini straordinari], è fatto apposta per questo genere. Abbiamo Grant, che è una stella del cinema, ed infine Mia Kirshner, che interpreta il ruolo di Kenya Rosewater perché ama questo personaggio.

Ci sono anche dei nomi meno conosciuti…
Jesse Rath, che interpreta Alak Tarr, e Nicole Muñoz, che interpreta Christie. Noterà che ho la tendenza ad usare le persone più e più volte. Quando Nicole era piccina, 10 anni fa, l’avevo scritturata per un pilot che fu uno dei suoi primi lavori da professionista, e allora mi ero innamorato di lei. Il pilot venne girato ma mai portato a serie. Era per la ABC Family e pensai a lei per il ruolo di Christie, quindi ha avuto la parte. Jesse Rath è meraviglioso nel ruolo di Alak. È una sorta di persona infida, ma nello stesso tempo è molto buono. È una sorta di DJ del mattino che trasmette musica nella stazione radio pirata in cima all’Arco, dentro l’Arco. Jesse Rath è meraviglioso nella recitazione, anche quando si tratta di battute aliene.

Un sacco di attori sono australiani, o irlandesi o inglesi…
Tony è scozzese. Grant è nato in Nuova Zelanda, ma è cresciuto in Australia. Stephanie e Jamie sono britanniche.

Ma tutti recitano con un accento nord americano.
Grant sì. Stephanie ne sta facendo uno un po’ ultraterreno. Non è americano vero, ma non è il suo normale accento britannico. E quello di Jaime – con lei abbiamo dovuto lavorare insieme a degli insegnati di dizione, perché tutti gli accenti sono molto ponderati – è chiamato “mid-Atlantic” ed è quello che fanno gli attori shakespeariani quando recitano qualcosa proveniente da altri paesi, tipo Chekhov, in cui appiattiscono il loro accento britannico ed imparano una sorta di accento generale da usare sul palco. Abbiamo pensato fosse una buona scelta per Stahma, in quanto il suo personaggio voleva essere qualcuno che non vuole offendere nessuno diverso da lei. Voleva integrarsi, quindi forse avrebbe condotto qualche ricerca per capire che tipo di accento volesse. Tony, il cui accento è così insito in lui, ha dovuto appiattirlo, ma c’è sempre quel pizzico di accento scozzese che viene fuori quando parla. Abbiamo passato un sacco di tempo ad ascoltarli e ad aggiustare i vari accenti, e quando abbiamo girato il pilot, ci sono state alcune scene in cui parlavano con la loro voce normale, altre in cui avevano un forte accento e altre in cui questo era più debole. Alla fine abbiamo scelto quello che pensavamo fosse giusto per i vari personaggi.

Il primo mandato per Defiance, stando a quel che si dice, era quello di creare qualcosa che potesse essere sia un videogioco che un serie TV. Come fa, o non fa, a sincronizzare la serie con il gioco della Trion?
Riconosco i meriti sia alla SyFy che alla Trion. Non c’è mai stata pressione nel forzare le cose. C’è una famosa preghiera sulla serenità che dice “Dammi l’abilità di cambiare le cose che posso, accettare quello che non posso cambiare ed avere la saggezza di conoscerne la differenza”. I ragazzi della Trion sono brillanti. Lavoriamo duro per cercare di essere dei buoni collaboratori e credo che loro facciano altrettanto. Non posso controllare quello che il pubblico pensa del videogioco. Tutto ciò che posso fare è, dalla mia parte dell’ingranaggio – e questa è una sorta di teoria da Wikipedia – è fare il meglio per poter creare dell’eccellente televisione affinché la gente non veda l’ora di vedere altro. Tony Curran imparerà le sue battute e conoscerà la lingua Castithan da cima a fondo. David Peterson creerà una lingua fantastica per Tony, Michael Nankin sfiderà l’universo per chiuderlo in una scatola, e nel complesso, la speranza è quella che, come Wikipedia, il nostro lavoro diventi qualcosa di speciale, perché funziona solo perché tutte le persone coinvolte sono così appassionate a questo progetto. Perché nessuno che contribuisce a Wikipedia controlla le altre persone su Wikipedia, tranne ad un certo grado. Ed è questo quello che stiamo cercando di fare con l’interazione del videogioco.
Ho davvero sentito la necessità – e per questo do credito a Mark Stern – di coesistere pacificamente, ma la serie doveva essere nostra, perché se avessimo cercato di assecondare il videogioco, o quello che pensiamo voglia vedere la gente che gioca, lo show avrebbe fatto schifo. Quindi, dato il modo in cui si è sviluppata l’idea, il lavoro della gente da cui sono circondato mi ispira e quando vedo quanto vogliono fare le cose per bene, sì, voglio fare la stessa cosa. Voglio creare qualcosa che aspiri a diventare qualcosa di più grande. Non voglio fare una serie scadente. Voglio fare qualcosa che le persone a cui non piace quel determinato genere apprezzino, perché è universale.

Quanto ha influenzato gli eventi del gioco il tempo di esecuzione che vi serve per girare qualcosa nello show?
Pianifichiamo tutto molto anticipatamente. La Trion fa bene il suo lavoro, così come facciamo noi. Quindi ci mettiamo d’accordo moltissime settimane prima, decidendo che, per esempio, nel settimo episodio tale cosa sia un crossover e via dicendo. Cerchiamo di pianificare ogni episodio, a volte gli eventi vanno dal gioco allo show e viceversa, e dopo identifichiamo un elemento crossover. E quando revisiono, cerco di non tagliare queste cose, dove mi è possibile.

Con quanta percentuale la serie è influenzata dal gioco?
In alcuni episodi, in maniera minima. Faccio un esempio: uno dei grandi mostri che si incontrano nel gioco è Hellbug. Noi abbiamo un episodio con un Hellbug, e la sola presenza degli Hellbug – ed il fatto che sono stati usati come arma e perché e come hanno influenzato quello che stava succedendo – costituisce un crossover in un episodio. Poi ne abbiamo di più elaborati, per esempio, i giocatori vengono coinvolti in qualcosa e, dopo aver raggiunto l’obiettivo, si ritrovano davanti a qualcosa di inaspettato che crea un problema che li lancia nel prossimo episodio di Defiance. Alla fine di quell’episodio, poi, c’è un altro elemento, e via dicendo.

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