Di rado mi sono trovato ad essere colto da dubbi su come impostare un articolo. Vi confesso che di fronte alla visione ultimata di Episodio I su grande schermo, tolti gli occhiali 3D, la mia mente si è arrovellata e non poco su cosa scrivere e come scriverlo. Decido dunque di partire dal grado zero della comunicazione, facendo presenti gli elementi fondamentali di cui si tratta.
Episodio I, beh, è Episodio I.
Un film 2D convertito in 3D, beh, è un film 2D convertito 3D.
Star Wars: Episodio I 3D è un film 2D convertito 3D.
Qualcuno di voi forse ha capito che intendo. La sensazione che si ricava dalla visione del film più odiato dai fan della Saga Stellare è la stessa del 1999. Con l’aggiunta di una terza dimensione totalmente accessoria nonostante ben realizzata (ma questo, considerato chi c’è dietro, era praticamente scontato e imperativo).
Quindi la mia non vuole essere una recensione fuori tempo massimo di Episodio I, un’opera che ancora oggi ritengo profondamente indecifrabile e che sconfina quasi nei territori del prequel ipotetico alla “what if…?”. Questo è il breve racconto di quali sono le reazioni a poco più di un decennio di distanza su una pellicola che rimarrà consegnata alla storia come il grande tradimento di un creatore rispetto alla sua opera. E al fandom catechizzato e intransigente.
Lasciamo perdere le locandine orrende e gli spot squallidi con i quali la riedizione è stata promossa da noi. Lasciamo da parte i fanboys in sala che volevano organizzare lanci di carta igienica al solo sentir nominare i midi-chlorian (causa che ho sposato da subito, intendiamoci). Lasciamoci alla spalle i pregiudizi e le polemiche che gravano sul film. Analizziamo il lungometraggio e il suo 3D dal punto di vista asettico e obiettivo del cronista cinematografico, sganciando l’amore per la galassia lontana lontana…
Cosa resta? Senza la mitologia pregressa, Episodio I è un film per bambini sotto la media, con paurosi vuoti di sceneggiatura e una carenza di ritmo allucinante. Dialoghi da cartoon del sabato mattina e manie di grandezza malcelate quanto maldestre. Il collega giornalista, classe ’65, in sala con me, al suo primo film di Star Wars in assoluto, mi chiede: “Ma davvero su roba come questa c’è stato costruito un culto?”. Come dargli torto. “I film dove i bambini sono eroi – rincara – sono irritanti e non funzionano”. Episodio I vuole volare alto ma rimane intrappolato nelle tempeste di sabbia di Tatooine. La regia di stampo classico alberga altrove. Il senso naif dell’avventura fantascientifica d’altri tempi è uno sbiadito ricordo. La volontà di creare connessioni con il Mito è schizofrenica, fra fanservice facilone (irricevibile dallo spettatore nuovo) e schiaffi al devoto seguace nel non ben chiaro intento di creare qualcosa di inedito (progetto subito abortito).
Alla fine della proiezione, guardando in faccia i ragazzi e gli old boys entrati in sala con le migliori intenzioni, la cosa che si legge è sempre la stessa: condiscendenza mista ad imbarazzo, come di fronte al parente scemo della famiglia. Non sta a me spezzare lance a favore di questo o quell’aspetto che possano rendere meno amaro il calice: il giudizio complessivo e sintetico l’ho espresso poco sopra. Episodio I è e sarà sempre un argomento scomodo per chiunque ami la Saga e il cinema in genere, che ci sia o no la terza dimensione, che venga o no rimasterizzato in HD con i singoli granelli di sabbia visibili ad occhio nudo.
E vi prego di perdonare se alla fine il tono di questo articolo risulta essere un po’ troppo rassegnato e schierato, ma è solo perché, vi giuro, sentire a poche poltrone da me un signore di mezza età ridere ogni volta che Jar Jar apriva bocca o faceva una delle sue sottolineando: “Ah! Ah! Troppo simpatico/forte/ganzo”… mi ha fatto davvero precipitare in una paranoia tale che a giorni di distanza sto ancora cercando di capire che cosa abbiamo fatto per meritarci tutto questo.