È per me davvero un gradito ritorno, quello di Penny Dreadful, l’horror drama di John Logan trasmesso da Showtime. La prima stagione è stata una delle sorprese più positive del 2014: una stagione di debutto forse fin troppo breve, appena otto episodi che però scorrono fluidi e intensi come il sangue sugli eleganti abiti vittoriani dei protagonisti, e sono in grado di incollare allo schermo anche chi non ha particolare dimestichezza con il gothic horror.
Gran parte del merito va a un cast di livello superiore: la protagonista Eva Green, troppe volte sminuita da critici ingenerosi che la accusano di puntare esclusivamente sull’avvenenza fisica, interpreta con realismo e passione il ruolo probabilmente più macabro della sua carriera; l’ex James Bond Timothy Dalton, icona conradiana dal controverso passato coloniale, alla ricerca della redenzione dopo l’accettazione del suo personale heart of darkness; Harry Treadaway e Rory Kinnear, magnifici nell’interpretazione del giovane e tormentato Viktor Frankenstein e di Caliban, la sua Creatura, la cui unica esperienza di vita è il rifiuto; l’ex companion del Dottore Billie Piper e Josh Hartnett, anche lui bravo a uscire dallo stereotipo del “belloccio”.
La serie dunque riunisce personaggi originali a figure storiche della letteratura tardo-ottocentesca inglese: oltre a Frankenstein e al suo Mostro troviamo Dorian Gray, Mina Harker, il professor Abraham Van Helsing e altri; l’ispirazione, nemmeno troppo velata, va a “La Lega degli Straordinari Gentlemen” di Alan Moore. Ma più ancora del parterre de rois di personaggi letterari, delle grandi performance recitative, delle citazioni d’autore a profusione e del profondissimo lavoro psicologico nella caratterizzazione dei personaggi, il vero fascino di Penny Dreadful è costituito dalla sua concezione dell’Orrore: un orrore mentale, teatrale, certamente violento ed efferato ma più nelle sensazioni che alla vista. E soprattutto, maledettamente inglese.
Non ci mostra le creature che dimorano nell’oscurità, ma preferisce farci sentire il suono dei loro passi e la loro presenza tra i rami degli alberi, creando un’atmosfera di perenne tensione, seguendo il sentiero tracciato dai grandi maestri della letteratura orrorifica, e prima ancora dalle leggende e dal folklore europeo, che a distanza di secoli rappresentano ancora la colonna portante su cui si basa il nostro senso della paura.
Sappiamo già che la seconda stagione avrà due episodi in più rispetto alla precedente, il che dovrebbe permettere una gestione più approfondita delle varie storyline. La battaglia contro il demone che possedeva Mina è stata probabilmente solo un antipasto; il nemico autentico, ancora una volta, è nascosto nelle profondità dell’animo umano; questo è particolarmente vero per Vanessa, sempre più preda di visioni incomprensibili e poteri oltremondani. In un certo senso, è il passato: un passato che, come dice saggiamente Sembene (servitore e braccio destro di sir Malcolm, un altro personaggio che nasconde potenzialità e segreti ancora da rivelare), “più che ritornare, non ci lascia mai per davvero”.