The Social Network

I’m CEO, bitch!

Ci togliamo subito il dente? Fincher & Sorkin realizzano il loro piccolo Quarto Potere. E chiudiamo la pratica “riferimento cinematografico” senza più scomodare nessuno.

The Social Network (TSN da ora) è il film-emblema della prima decade del duemila. Un periodo dove come non mai è stata rivoluzionata la concezione e la fruizione di internet da parte delle masse per “mettersi in rete” e con-dividere parole, opinioni, immagini, pezzi di vita… o semplicemente perdere tempo, fate voi.

TSN è la storia di un’idea e di come un’idea di base di una semplicità disarmante modificata, migliorata, trasformata, difesa allo stremo e portata avanti a dispetto di ogni difficoltà ma soprattutto avendo (abbastanza) chiaro in testa come promuoverla, abbia radicalmente cambiato abitudini, modi di esprimersi, di proporsi al mondo, di vedersi e di relazionarsi di milioni di persone.

Che vi sentiate o no parte in causa, che siate iscritti o meno a quel girone infernale che risponde al nome di Facebook, non potete non ammettere che la partita della fortuna e del successo ad alti livelli oggi si giochi attraverso script e algoritmi. C’è stato il periodo delle proprietà territoriali, del controllo dell’informazione, delle speculazioni finanziarie: oggi si arriva ai miliardi attraverso la tastiera del pc. E non ce ne voglia lo spettatore al quale per due ore sembra assistere a discussioni attorno al niente.

Perché succede tutto quello che viene raccontato dal film? Perché Mark Zuckerberg porta avanti Facebook con tanta foga e insistenza? Non per il motivo economico, a quanto pare. E’ proprio la necessità di mettersi alla prova, di dimostrare di essere il migliore, di soddisfare e giustificare la propria arroganza e il proprio atteggiamento a risolvere tutto secondo la propria mentalità (il dialogo iniziale e stralci dei confronti legali sono illuminanti in questo senso). Portare avanti l’idea in quanto tale, senza “corromperla” – vedi il tormentone degli sponsor che compromette il rapporto con l’amico Eduardo – diventa la ragione di vita di un giovanissimo nerd che vuole a tutti i costi affermarsi sul resto del mondo.

Ma questa – ovviamente – è solo la mia ipotesi. E ognuno può farsi la propria. Perché TSN non pretende di squadernare verità, ma offre un campionario di sfumature e punti di vista notevolmente vario. Senza incanalare lo sguardo e il giudizio dello spettatore, Fincher & Sorkin presentano i fatti come potrebbero essere andati con accurata dovizia di particolari. E compiono la rimarchevole impresa di farlo senza risultare freddi, cronachistici, didascalici. Anzi, tutt’altro. Svelano la parte “sensibile” di quelli che noi vediamo come interpreti di un fenomeno così vicino eppure così lontano… “Ma sì, quello ha avuto un’idea, ci ha fatto i miliardi e per invidia gli hanno fatto causa….”

Siamo nerd, oltre a Facebook c’è di più.

Lo Zuckerberg che emerge è un personaggio complesso, contraddittorio e insopportabile eppure molto fragile, solo perché così vuole essere, eppure pronto a lasciarsi andare quando incontra qualcuno in cui crede di potersi rispecchiare (e farsi capire). Anche come i comprimari che gli ruotano intorno, che salvo rare eccezioni hanno la dignità drammaturgica dello stesso protagonista, non vengono mai incasellati in un ruolo e lì fossilizzati. Ognuno di loro ha un suo perché ed i suoi motivi, siano giusti o sbagliati, condivisibili o meno.

Tutti gli archetipi vengono rispettati, il genio scontroso, solitario e disadattato, l’amico sacrificabile, il consigliere luciferino, gli opponenti belli, ricchi e antipatici… e, come da tradizione, la ragazza causa di tutto e ossessione latente.

Alla fine è la solita vecchia storia: tutto nasce per una delusione… e la gestione del patrimonio (intellettuale, economico, potenziale) finisce per dividere e mettere tutti contro.

Così come le dinamiche di generi come il biopic, il legal-movie, l’instant-movie, il dramma sentimentale, l’ascesa (senza caduta, se non umana)… due ore tonde di pellicola dove gli autori squadernano una ineccepibile sapienza nel miscelare toni, stereotipi e situazioni in un cocktail bevibile da tutti, anche dal vostro papà che non ha mai acceso un computer. E questo è un merito. Rendere qualcosa di potenzialmente autoreferenziale e involuto (internet e i suoi geek, le sue manie, le sue regole non scritte per il successo) a portata della comprensione di chiunque.

Comparto attori promosso in blocco, con facce e interpretazioni efficaci. Sì, anche Timberlake.

A qualcuno servirà per guardare con occhi nuovi il sito di cui mezzo mondo è drogato, altri scrolleranno le spalle, qualcun altro farà lo snob per poi tornare a chiedere amicizie e premere F5…

A me è sembrata una visione essenziale.

tsni

– La recensione di Thomas (aka Question) –

Il regista David Fincher, già famoso per lungometraggi quali Alien, Seven, Fight Club e Il curioso caso di Benjamin Button, decide di dedicarsi alla trasposizione cinematografica del libro di Ben Mezrich, Miliardari per caso - L'invenzione di Facebook: una storia di soldi, sesso, genio e tradimento (Sperling & Kupfer), per farlo decide di avvalersi dell'estro creativo dello sceneggiatore Aaron Benjamin Sorkin, penna spesso spietata che ci ha regalato opere come West Wing - Tutti gli uomini del presidente e Schindler's list.
Due professionisti della settima arte dunque che non sono soliti fare sconti a nessuno ma che, piuttosto, presentano spesso un taglio crudo, quando addirittura non cruento e con una vena di scorrettezza politica che - abituati al veder generalmente presentati falsi buonismi e ottuse moralità - non può che regalarci un mezzo sorriso di piacere.

La sinossi ci racconta che all'imbrunire del 2003, lo studente di Harvard Mark Zuckerberg, fine conoscitore informatico, dopo essere stato lasciato dalla sua ex ragazza - Erica Albright - comincia a lavorare a una nuova idea e nel giro di una notte da vita a FaceMash, sito in cui vengono messe a confronto e votate dagli utenti le immagini delle ragazze presenti nel Campus.
Il successo di questo sito è tale che i server della famosa università americana non reggono e crashano, rendendo un giovane Zuckemberg popolare fra gli studenti e malvisto dal corpo docenti.
Tra un flashback e l'altro scopriamo poi come questo giovane di talento entra in contatto con i gemelli Winklevoss e di come questi ultimi lo coinvolgano in 'HarvardConnection', sito che si prefigge lo scopo di mettere in comunicazione fra loro i diversi studenti tramite una rete informatica sociale.
Qualcosa però comincia a frullare nella testa del giovane Mark che chiede al suo amico Eduardo Saverin il finanziamento per realizzare il progetto 'Thefacebook', Severin accetta in cambio del 30% della compagnia che andranno successivamente a creare.
Poco tempo dopo l'esordio del sito in questione la sua popolarità è già alle stelle, i due decidono dunque di estendere il loro raggio d'azione a Yale, Columbia e Stanford, da qui al conoscere Sean Parker, il cofondatore di Napster, e ottenere il suo supporto passa veramente poco.
Nel frattempo i gemelli Winklevoss e il loro socio Narendra citano in giudizio Zuckemberg sostenendo il furto della loro idea, il tutto mentre lui, sempre più arrivista, e accompagnato dal suo coinquilino Dustin Moskovitz  si reca a Palo Alto per dedicarsi all'ottimizzazione di quello che oramai è stato ribatezzato 'Facebook'.
Anche Eduardo Saverin finirà con l'intentare causa al suo vecchio amico che, sempre più soggiogato dall'influenza di Parker, accetterà di truffarlo modificando le quote societarie a sfavore - per l'appunto - di Eduardo che tanto si era prodigato per finanziare inizialmente il progetto e per trovare successivamente i vari contratti pubblicitari.
Come già detto il plot narrativo propone la storia ponendola in un eterno flashback, inframmezzato da scene in cui i vari processi vengono presentati allo spettatore.

Questo film ci propone una fotografia molto più realistica della vita di Mark Zuckemberg rispetto al filmato esplicativo e vagamente pubblicitario uscito qualche mese fa per un media d'oltreoceano.
Uno spaccato che conferma la regola che un tipo tutto casa, chiesa, mamma e torta di mele - oltre al non esistere - non potrebbe mai divenire ricco e famoso senza aver pestato qualche piede o - forse in questo caso è meglio dire - senza direttamente amputare qualche piede.

Sotto questo aspetto il film non delude rispettando appieno il sottotitolo con cui ci viene presentato, ovvero 'Non arrivi a 500 milioni di amici senza qualche nemico' e - seppure in maniera marginale e forse involontaria - ripropone quello che volenti o nolenti è lo scottante tema del così detto 'Sogno Americano'.
Un sogno questo che spesso è stato realizzato sulle rovine di altri sogni, sulle schiene spezzate delle persone che hanno partecipato senza cautelarsi, un sogno che - triste forse dirlo - è stato spesso realizzato sul tradimento e l'abuso di fiducia. Perché quello che appare dalla visione di questo film è uno sconcertante dato di fatto: nel mondo reale i cattivi vincono sempre.
Non vincono perché i buoni non riescono a contrastarli, vincono perché - almeno a certi livelli - i buoni non esistono, sono opere letterarie, favolette per far dormire i propri figli tranquilli. 

Quello che appare dalla visione di questo film è che tutti, e intendo proprio tutti, siano in qualche modo 'i cattivi': lo sono i gemelli Winklevoss e il loro socio Narendra, lo sono Eduardo Severin e Sean Parker, lo sono le ragazze o ex ragazze dei protagonisti.
Semplicemente Mark Zuckemberg ne esce fuori vincitore perché è il più 'cattivo' di tutti e perché fondamentalmente la legge dell'uomo non è mai stata concepita per far prevalere la Giustizia con la 'G' maiuscola.

Siamo dunque ben lontani dagli ideali rappresentati da Robert William Kearns e dalla sua strenua lotta per vedersi riconosciuta la sua più famosa invenzione, ci avviciniamo piuttosto a una visione più pessimistica del mondo che, purtroppo, sembra anche essere quella più vicina alla realtà.

In conclusione possiamo dire che Fincher e Sorkin ci propongono un film realista e scevro quasi di qualsivoglia tipo di autocelebrazione, possiamo dire che a tratti pare un film documentario che non manca mai di mantenere un metaplot narrativo, fatto questo che consente di non annoiarsi anche a chi, e sono tanti, è capitato al cinema incuriosito da un film basato su Facebook.

Infodump solo quando necessaria, il resto si spiega 'strada facendo', taglio a metà fra il giornalistico americano e un serial di ultima generazione, spesso i dialoghi sono ottimamente affettati e diretti, per un film che merita sicuramente di essere visto, seppur non soddisfi completamente le aspettative che tutti i rumors hanno creato prima della sua uscita.
Un successo di critica comunque, dovuto sicuramente ai due ottimi professionisti della pellicola coinvolti e - di sicuro - anche grazie all'autore del libro da cui il film è tratto.

Mezrich infatti, forte della sua passata esperienza con 'Bringing Down the House' (da cui è tratto il film '21'), non eccede mai nel lodare o nel criticare i 'personaggi' di questa storia piena di intrighi e tradimenti, si limita a riportare i fatti per quello che sono ed evita qualsiasi giudizio morale, così come lo evitano ugualmente il regista e lo sceneggiatore, risultando così sicuramente più credibili (e anche godibili) che nell'eventuale caso contrario.

Nota davvero negativa e impossibile da non citare, è il finale del film stesso che - senza fare spoiler - posso dire marcatamente stucchevole. Un tipico spaccato nostalgico-romantico di cui il cinema americano ha spesso abusato.
In una vicenda del genere stona, e stona davvero tanto: una caduta di stile proprio alla fine che - per toni completamente differenti - non può far altro che lasciare lo spettatore con il dubbio di aver visto il finale di un film diverso.