Questa recensione sarà (abbastanza) breve e (spero) chiara. Anche nel suo intento di non voler parlare, neppure per un istante, della trama del film, ma solo della sua ‘portata’ culturale.
Oblivion è un film da vedere proprio perché, forse, lo avete già visto. Lo avete osservato, letto e giocato in molte altre opere. Oblivion è la summa di cinquant’anni di fantascienza e probabilmente il punto di arrivo di un tipo di narrazione. Un a capo che adesso costringerà gli autori con qualche ambizione, siano scrittori, registi e programmatori, a dover inventare. Dopo molti anni, sul serio.
Tornare ad inventare.
Questa pellicola è dunque un’opera che assume un valore che va oltre i suoi reali meriti (o demeriti). Uno spartiacque per certi versi necessario: dopo Oblivion, chiunque vorrà misurarsi con la fantascienza dovrà farlo veramente in maniera originale e diversa, perché la saturazione è stata definitivamente raggiunta.
Chi scrive è un convinto assertore del credo che vuole il tutto essere qualcosa di più delle singole parti che lo compongono. E che un film debba avere, oltre che un’identità, anche un’anima. In questo Oblivion riesce a centrare il bersaglio: configurandosi come un ‘filmone’ classico, di quelli star-genere-convenzioni, riesce a sabotare in minima parte il tutto con un respiro ampio e un gioco pulito, non cercando mai di mostrarsi per quello che non è e prendendosi tutto il tempo necessario per raccontare quello che vuole. Anche quando è semplicistico, annunciato, spudoratamente ludico.
Fianco scopertissimo, dunque, alle critiche. Che sono arrivate subito e piuttosto veementi, anche ingenerose. Si è assistito alla stucchevole gara di bravura (e sciorinamento di cultura pop), da parte dei tanti recensori più o meno di professione, nell’enumerazione di deja vu e citazioni, quale pagina fosse stata sottratta a Dick, quale fotogramma fotocopiato da Kubrick, quali pixel copia/incollati da Mass Effect e via discorrendo (arrivando persino a prendere quel tripudio del riciclo di Matrix e spacciarlo come originale…)
Bene. Dato che lo spettatore (e il lettore di queste righe) sarà capacissimo di cogliere quello che vuole e che può, senza sentirsi menomato se non coglie questo o quel presunto omaggio/furto, la riflessione si riduce a quella che è l’essenza stessa della settima arte: intrattiene? Sì. Diverte? Sì. Cattura ed emoziona? Per quanto mi riguarda, sì (ma potrei essere troppo buono, quando vedo dei vinili tutto diventa più bello).
Joseph Kosinski è un architetto e un genietto della grafica 3D. Si fa notare fin da giovane (è nato nel 1974) e da buon appassionato di fantascienza, scrive pure a tempo perso. Oblivion è nato come progetto fumettistico nel 2005, ma non viene pubblicato per la volontà dell’autore di raccontare la storia su grande schermo. Tom Cruise legge e si appassiona. Ma prima dovrà arrivare il controverso Tron Legacy, opera d’esordio al cinema, che afferma il talento visivo del regista e il suo (presunto?) disinteresse all’intreccio. In questa nuova opera, la storia è un’amalgama lineare ma invero affascinante: chi trova difetti ovunque probabilmente è incapace di godersi lo spettacolo, ma da quando un’opera di fantas(c)i(enz)a deve essere condannata per i suoi presupposti o le sue fisiologiche forzature della logica per far procedere il racconto?
Film destinato invariabilmente a dividere, mi vede schierato tra gli estimatori.
La recensione è finita, adesso possiamo parlare di cazzate inessenziali al giudizio oggettivo del film. Tom Cruise sfancula i suoi detrattori, e non soltanto a cinquant’anni suonati ne dimostra 35, ma sembra pure ringiovanito rispetto alle ultime pellicole. Le donne sono bellissime e bravissime, non credete a chi offende la rossa perché sgrana gli occhioni e la mora perché faceva la modella. Morgan Freeman, mon dieu, è IL carisma fatto uomo, anche solo se fuma un sigaro. Nikolaj Coster-Waldau saluta i fan di Game of Thrones. Sì, i droni sono figli illegittimi di HAL9000 e un iPad, e allora? Rilassatevi, santa Interzona, è solo un film, non un esame di cinema/letteratura/storiadeivideogiochi. Fate un applauso a quelli che vi citano i riferimenti, non scontentateli. Avranno pure perso tempo a farsi una cultura per qualche motivo, no?