Looper – la recensione

Chiariamo subito una cosa. Il viaggio nel tempo, in Looper, è un mezzo con il quale lo sceneggiatore-regista Rian Johnson vuole mettere in moto una vicenda e una storia affascinanti e ambigue, non certo il centro focale della pellicola. Quindi sgombrate looper-movie-image-rian-johnson-joseph-gordon-levitt-set-photo il campo dalle teorie della relatività, gravità quantistica, wormhole et similia: persino l’elemento fantascientifico che fa da cornice, se verso la fine non fosse determinante per una ulteriore svolta di trama, non sarebbe altro che la logica scelta per giustificare l’esistenza di qualcosa che oggi non c’è (ancora).

Joe è un Looper: un killer, uccide persone innocenti e altri criminali che fanno lo stesso lavoro, ma che in futuro (per via di sistemi che rendono più difficile sbarazzarsi dei cadaveri) saranno rispedite indietro di trent’anni per essere liquidate. Là il 2074, qui il 2044, là esiste il viaggio nel tempo, dichiarato fuorilegge e subito original (1)acquisito in modo esclusivo dalla malavita. Qui gli uomini del futuro hanno assunto assassini per liquidare i colleghi invecchiati, e infine se stessi. Questo è chiudere il loop: sul corpo del cadavere, lingotti d’argento e d’oro per garantirti una pensione dignitosa fino al giorno del tuo ritiro permanente da questo mondo. Ma c’è sempre un ma: e quando Joe giovane si ritrova di fronte il Joe vecchio, succede un casino. E non è che l’inizio di qualcosa che sconvolgerà il futuro…

Looper frulla assieme un immaginario che sta tra la fantascienza, il noir, l’action e l’anime giapponese. Un film che prende molte direzioni e che comunque sorprende, come pochissimi altri hanno fatto negli ultimi anni, per il coraggio di cambiare registro e presentare soluzioni diverse e interessanti sia a livello narrativo sia a livello cinematografico. Si candida come uno dei miglior cinecomic senza comic: una pellicola che profuma di carta e inchiostro, che trasuda disegni d’animazione, che gronda parole di letteratura fantapulp da ogni fotogramma.

Lo fa con una storia solida e dialoghi precisi e raramente  banali, con personaggi risaputi ma trattati con garbo e indulgenza, looper-movie-image-emily-blunt quando non con taglio innovativo attraverso un dettaglio fisico o verbale, e inserisce tutto in un’atmosfera di futuro ‘invecchiato’, povero e decadente come i grandi della fantascienza sociale ci hanno insegnato. Non una stilizzazione iperreale di meltig pot o una desolazione postatomica, ma quello che più verosimilmente potrebbe essere: l’implosione del genere umano e l’aumento delle differenze di classe. Se aggiungiamo una spruzzata di telecinesi e tecnologie moderatamente avanti come le moto fluttuanti, ci siamo.  E non aspettatevi comunque sorprese rivoluzionarie quando scavate a fondo alla trama: c’è una storia d’amore alla base (o forse due, tre…), anche se non esattamente come potreste pensarla.

Sbagliato impostare il discorso su capolavoro/non capolavoro, sopravvalutato o meno, eccetera: Looper è un’opera che cattura, affascina e conquista anche grazie al suo eclettismo, dovuto ad un autore che dimostra di sapersi muovere bene su diversi piani ed è stato libero, complici e colpevoli i 30 milioni di budget, dai vincoli preordinati e troppo spesso limitanti dei mega blockbuster americani.

looper Joseph Gordon-Levitt bruce willis Curiosa e riuscita la scelta di cambiare la fisionomia di Joseph Gordon-Levitt attraverso il trucco per renderlo il più somigliante possibile al decano Bruce Willis, il suo io invecchiato. E un applauso a Bruce, non tanto per la sua interpretazione che rimane nei canoni di livello professionale, quanto per il coraggio, nella lunga carriera, del rimanere fedele e credibile all’essere (anti)eroe iconico, scegliendo spesso film come questo che ne hanno esaltato le doti. Brava poi Emily Blunt, misurata e intensa, e davvero azzeccato e impressionante il casting del piccolo Pierce Gagnon, e non diciamo di più per chi non avesse ancora visto il film. Breve ruolo anche per Piper Perabo, che sfoggia un invidiabile fondoschiena, mentre Jeff Daniels interpreta un mafioso flemmatico e antiretorico.

Siccome non ci piacciono le espressioni del tipo: “Certo, non tutto è perfetto…”, “Nonostante i difetti…” eccetera, vogliamo sottolineare come pochissime pellicole, nel genere fantascientifico borderline come Looper, siano riuscite nell’intento di risultare compiute, divertenti e profonde al tempo stesso. Traete le vostre conclusioni, vedetelo e, qualunque sia il vostro giudizio, godetevi la visione.