Regia Alfonso Cuarón
Soggetto Alfonso Cuarón, Jonás Cuarón
Sceneggiatura Alfonso Cuarón, Jonás Cuarón
Fotografia Emmanuel Lubezki
Montaggio Alfonso Cuarón, Mark Sanger
Effetti speciali Jonathan Bickerdike, Luke Marcel, Matt Wood
Musiche Steven Price
TERRORE DELLO SPAZIO PROFONDO
Sembra un film, ma quello di Alfonso Cuarón non è altro che un tentativo di farci perdere il controllo e sprofondare nella primordiale paura di essere in balia del Nulla.
Per ottenere questo, attraverso il significato più profondo dell’espressione “fare cinema”, il regista-sceneggiatore ci spedisce nello spazio, nei panni spesso soggettivi della dottoressa-astronauta Sandra Bullock, alla disperata rincorsa della speranza di sopravvivere dopo un disastroso schianto di relitti satellitari contro la sua navicella spaziale. Speranza che le costerà titaniche fatiche e altissimi rischi di venire inghiottita dal buio dello spazio infinito. Accanto a lei, almeno all’inizio, un veterano delle missioni dall’ironia e dalla saggezza che hanno il volto rassicurante di un George Clooney sornione quanto saggio.
2013 LEGGE DI MURPHY NELLO SPAZIO
Quello di Cuarón, insomma, è puro cinema. Il che significa affascinare, affabulare, intrattenere, incatenare ed emozionare. Per questo non hanno la benchè minima importanza le inesattezze scientifiche contenute nella sceneggiatura. La scienza è serva del cinema, non viceversa. Altrimenti si produrrebbero interessanti e noiosissimi documentari e non opere di fiction. Quindi non state a leggere i soliti, inutili, velleitari, arroganti articoletti di esperti che spuntano come funghi. Lo sappiamo che i detriti volanti nemmeno sarebbero visibili tanto vanno veloci, lo sappiamo che non si potrebbe spostarsi nello spazio col getto di un estintore. Rimanete nel vostro laboratorio.
Ecco perchè, inoltre, la sceneggiatura lineare ha perfettamente senso. Non è un film d’azione, non c’è Bruce Willis che deve trivellare un asteroide. E’ basilare lotta per la sopravvivenza nel luogo più ostile che esista (“Nello spazio la vita è impossibile” ci ricorda in modo puntuale la didascalia all’inizio). Una lotta che viene messa in scena attraverso tutte le possibili complicazioni, per renderla ancora più avvincente. Fine. La spruzzata di background dei personaggi viene messa lì per dare un appiglio drammaturgico alla determinazione di vivere e smorzare la tensione di alcuni passaggi.
Se guardando Gravity non avete provato per almeno qualche secondo ansia, o tensione, o qualche brivido, non capisco perchè dovreste ancora varcare la soglia di un cinema d’ora in poi. Per le commedie di Allen (con tutto il rispetto) l’home video è sufficiente.