Nuove realtà emergenti: ecco quello che ci piace, specialmente nel settore videoludico.
Gente che si butta (anche con molto coraggio) nel grande mare del mercato e seguendo la propria passione cerca di creare qualcosa di bello, divertente e utile.
Incontriamo i Rogue Devil Games (bel nome, no?), nella persona di Valeriomassimo Barbanti per una chiacchierata sui loro primi passi e la presentazione dei nuovi progetti, come Remember.
D: Come siete nati?
R: Beh, tutto nasce all’incirca un anno fa, quando stanco del mio lavoro ufficiale, decido di mollare tutto e dedicarmi alla mia vera passione, i videogiochi. All’inizio ero da solo, con ottime conoscenze di grafica ma poche di programmazione (ed ancor meno di game design) ed il mio primo videogioco fu una catastrofe, letteralmente. Mi resi conto che non potevo andare avanti a quel modo, e quindi fermai tutto e mi dedicai per alcuni mesi al puro apprendimento. Nel frattempo ero tornato in contatto con due miei cari amici, uno studente di ingegneria informatica e una grafica 3d, e dopo alcune, chiamiamole trattative, li ho convinti a entrare a far parte del gruppo. Il vecchio nome, VMB Entertainment, era troppo personale e poco aggressivo, non rispecchiava più chi eravamo, e quindi è nato Rogue Devil Games!
D: Come nasce l’idea di Remember?
R: Per la nostra prima app “seria” dovevamo trovare un’idea semplice da realizzare, per imparare a usare bene gli strumenti di lavoro. Un memory game ci è sembrata una scelta saggia perchè, pur essendo un gioco molto semplice e conosciuto, non dovendo concentrarci troppo sulle scelte di gameplay, ci ha permesso di dedicarci a tutto il resto. Oltre a questo, avevo fatto una ricerca accurata su Google Play per scoprire l’eventuale concorrenza, e per quanto il mercato dei memory game fosse piuttosto inflazionato, sia l’aspetto estetico che le meccaniche lasciavano molto a desiderare.
D: Quindi Remember si distingue dalle altre app dello stesso genere?
R: Ci piace pensare di si. Innanzitutto, da ex grafico di moda, per me era importante in particolare l’aspetto estetico. La concorrenza tende a usare una grafica molto semplice per questo genere di giochi, spesso fredda e impersonale, mentre io volevo che fosse ben connotata e particolare. Essendo un gioco dove i simboli la fanno da padrone, dovevo trovare un tema con una forte iconografia, e l’arte tradizionale giapponese mi è sembrata particolarmente indicata. Da qui i fortissimi richiami al Giappone feudale!
D: Pero’ detta così sembra che l’unica differenza tra Remember e gli altri memory game esistenti sia solo la grafica…
R: E’ vero, ed è per questo che abbiamo voluto aggiungere qualcosa di diverso anche nelle meccaniche di gameplay. Il mercato dei giochi per dispositivi mobili è particolare, in quanto attira il pubblico più disparato, non solo gli hardcore gamer. La maggior parte di coloro che giocano con un gioco per cellulari o tablet, lo fa nei momenti morti, sul treno, in sala d’attesa dal dentista (anche se io sarei troppo terrorizzato in quel caso per giocare a qualcosa…) e in generale in tutti quei momenti morti che generalmente durano solo pochi minuti. Troppo pochi per un gioco complesso e profondo come potrebbe essere un gioco per pc. E’ per questo che con Remember abbiamo voluto aggiungere una caratteristica fondamentale: il tempo! A differenza dei normali memory game, dove il tavolo viene progressivamente svuotato man mano che si trovano le coppie, in Remember ogni coppia trovata viene immediatamente sostituita da un nuovo paio di carte casuali, e il giocatore ha solo 60 secondi per fare il maggior numero di coppie possibile. Questo rende il gioco non solo di durata “finita“, perfetta per i momenti di attesa, ma lo rende anche molto competitivo e frenetico, dandogli quella dimensione aggiuntiva che secondo noi mancava.
D: E per il futuro? Avete già in mente come andare avanti?
R: Assolutamente si! Remember è solo il nostro primo passo, e a prescindere dai suoi risultati commerciali, ci ha comunque insegnato molto di quello che dobbiamo sapere per poter andare avanti. Il mercato Android è in continuo movimento, e noi non intendiamo rimanere fermi sul posto. All’inizio continueremo a realizzare videogiochi basati su concetti pre-esistenti, aggiungendo il nostro tocco personale, ma l’obiettivo è staccarci da questo approccio “sicuro” e cominciare a realizzare prodotti interamente originali. Non solo, stiamo cominciando a valutare anche l’utilizzo di Unity e il mercato PC, dove veramente puoi fare quello che vuoi e lasciare spazio libero alla creatività. Senza contare che abbiamo una grafica 3d che letteralmente smania per poter rimettere le mani su Maya!
D: Come voi, anche tanti altri sviluppatori italiani stanno sorgendo. Come vedete il mercato delle app e del videogioco in Italia?
R: Sembra che dopo anni e anni di torpore, gli italiani si stiano finalmente svegliando. Sempre più studi indipendenti italiani stanno prendendo piede a livello internazionale. Basti pensare ad Assetto Corsa, che sta strappando letteralmente il primato nei simulatori di guida a software house ben più blasonate, o ai ragazzi di Indomitus Studio, che con In Verbis Virtus hanno avuto l’idea più semplice dell’universo, ma al quale nessuno aveva pensato, controllando gli incantesimi del proprio personaggio non con un tasto, ma direttamente con la voce. Ma gli ostacoli sono ancora tanti, e qui dovremmo entrare nella solita questione di “quanto lo Stato renda difficile ai giovani dimostrare il proprio valore” che preferisco non affrontare per non entrare nel solito circolo dell’ovvio.
Il problema fondamentale è che a differenza dell’estero, qui da noi proprio manca la formazione necessaria. Chi vuole imparare, ha solo tre scelte in tutta Italia, tra Bari, Roma e Milano, mentre in altri paesi più lungimiranti, interi corsi di laurea (per non parlare di normali specializzazioni alle superiori) sono dedicate esclusivamente alla creazione di videogiochi, dalla programmazione alla grafica. Creare videogiochi è un campo vasto quanto tutti gli altri, e remunerativo più di tanti altri, ma sembra che nessuno se ne accorga. Speriamo solo che le nostre nuove glorie riescano a dare un serio scossone a chi “prende le decisioni”.
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