Dylan Dog 340, Benvenuti a Wickedford – La recensione

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“Sicuro che sia un bel numero?”

Anno nuovo, nuovo numero di Dylan Dog e ovviamente non poteva mancare una nuova recensione.
Con “Benvenuti a Wickedford“, 340esimo albo della testata, si entra nel vivo della nuova gestione e seguiremo il nostro Old Boy nella nuova casa dell’ormai ex (sospiro) ispettore Bloch: Wickedford, appunto.

Dopo la recensione positiva del mese scorso, ho riposto tutte le mie speranze e aspettative in questo nuovo numero, soprattutto dopo aver letto l’editoriale di Roberto Recchioni.

Dalle prime righe di “Horror Club” si capisce subito che il tema centrale della storia saranno i freaks: Recchioni cita dapprima Joseph Carey Merrick, “The Elephant man”, il più noto freak mai esistito, l’omonima pellicola di David Lynch e infine “Johnny Freak“, una delle storie più commoventi e intense conosciute dai fan di Dylan.

Insomma, questo albo aveva apparentemente tutte le carte in regola per rendermi felice: mancano giusto all’appello le citazioni da “Freaks” di Tod Browning e a Notre-Dame de Paris; purtroppo mi sono sbagliata e quest’albo si è rivelato una delusione.
A differenza del numero 339, “Anarchia nel Regno Unito dove molti erano i dettagli che mi avevano convinta ed era la storia ad essere l’anello debole dell’albo, in questo caso assistiamo al fenomeno contrario: la storia è lineare e ben strutturata ma costellata da tanti piccoli dettagli che ho considerato futili e banali.

Ma andiamo con ordine: Dylan Dog si reca a trovare l’amico Bloch e si trova a conoscere Wickedford, la ridente cittadina dove l’amico ha deciso di trasferirsi.
Ovviamente non ci si poteva aspettare una cittadina sonnolenta, noiosa e bigotta, no! A Wickedford c’é addirittura una band di vecchi che suonano rock, portano capelli lunghi, le borchie, hanno i piercing, bevono birra e mettono il cappellino con la visiera al contrario, da veri gggiovani.

Old cop, old school.
Old cop, old school.

Meno male che c’è Bloch a mantenere alto l’onore dei pensionati vecchia scuola che contrastano i giovani vandali con un po’ di sana autorità vecchio stampo, le buone maniere e una buona dose di frasi da vegliardo quali “chiamami signore” o “non raccontarmi balle, figliolo”.
Insomma, Bloch ci fa capire che nonostante abbia abbandonato la professione di “sbirro” non smetterà mai di essere tale. Ho il terrore che il vecchio ispettore sarà destinato a ricoprire lo stesso ruolo stantío e stereotipato dal quale la nuova gestione voleva salvarlo e che il suo pensionamento non sia altro che un nulla di fatto, uno specchietto per le allodole, dato che il cambiamento non sussiste.

Sempre a proposito di Bloch, vorrei spendere due parole a proposito della scelta del suo nome: (evidenziate le righe successive per leggere, altrimenti saltate se ancora non lo sapete…) Sherlock Holmes Bloch. Se si fosse optato solo per “Sherlock” avrei anche capito l’omaggio ma l’aggiunta di “Holmes” e l’aneddoto di come le storie e il personaggio di Conan Doyle lo abbiano influenzato nelle sue scelte di vita mi sono sembrate eccessive, non Hanno fatto altro che rendere il povero Bloch ancora di piú una macchietta.

Ma veniamo al personaggio principale, il fulcro intorno a cui ruota tutta la storia: il freak.
Adrian é un virtuoso del violino, africano, clandestino, orfano e affetto dalla sindrome di Proteo; adottato dalla datrice di lavoro dei genitori, proprio grazie a lei verrà introdotto al mondo della musica.
Per quanto deforme e sfortunato, il ragazzo è dotato di grande senso dell’umorismo ed è ben integrato nella società di Wickedford.

Alla vicenda di Dylan, Bloch e Adrian si aggiunge quella di Miley, Sam e Arnie tre ragazzi giunti a a Wickerford in autostop durante il loro viaggio verso un festival. Decidono di riparti la sera stessa e dopo essere stati cariasti da un auto, si risvegliano in una stalla dopo essere stati tramortiti e dopo poco Sam e Arnie vengono uccisi da una figura mostruosa.
Miley, miracolosamente scampata al pericolo, rivela alla polizia di essere stata aggredita da un alieno mostruoso, non venendo presa sul serio dagli agenti disegna un ritratto dell’assassino che ha le sembianze di Adrian.
La conclusione della storia è semplicemente crudele: il mostro assassino non è altri che il ragazzo deforme.

Non proprio tutti hanno reagito così, quando hanno saputo il nome di Bloch.
Non proprio tutti hanno reagito così, quando hanno saputo il nome di Bloch.

Mi aspettavo qualcosa di diverso da “Benvenuti a Wickedford“, mi aspettavo specialmente un modo diverso di trattare la tematica dei freaks, non nuova agli autori (e ai lettori) di DyD.
Con questi non intendo dire che fosse necessario creare cuna storia sulla falsariga di “Johnny Freak“, anzi, il concetto della mostruosità dell’essere deforme è un tema tra i più interessanti che poteva essere sviluppato in maniera più originale. Perché rincorrere a una mutazione per giustificare la natura malvagia di Adrian?

Penso sia stata una scelta un po’ buonista, quasi fosse un tentativo mal riuscito di creare una storia politicamente scorretta. Perché non andare a fondo? La sindrome di Proteo basta e avanza a rappresentare la mostruosità che si annida nell’animo di alcuni esseri umani.
Il viso di Adrian associato alla sua perversione non necessita di altri orpelli, di nessuna deformità alla Carpenter. Che sia una cattiveria disgustosa, proprio come in Basket Case di Frank Henenlotter, pellicola di serie Z del 1982.

Ciò che desidero per le nuove storie di Dylan Dog è un ritorno alle origini, all’orrore vero e all’irriverenza con cui venivano trattate le tematiche più delicate.
C’è bisogno di storie che suscitino nel lettore riflessioni tali da avere paura dei suoi stessi pensieri.

Nonostante tutti, due sono i fattori (molto) positivi della storia: Groucho che in sole due pagine riesce a stupire con un surrealismo degno dei primi tempi della testata e che da solo vale il prezzo dell’intero albo e gli splendidi disegni di Marco Nizzoli che hanno saputo dare il giusto spessore alla storia di Michele Medda.

Ora non ci resta che aspettare il 29 Gennaio per l’introduzione di un nuovo personaggio chiave: John Ghost.
Alla prossima recensione!