Due innamorati, figli di mondi differenti, dalle regole opposte, sfideranno ogni convenzione per coronare il loro sogno d’amore.
Nossignori, non è Romeo e Giulietta ma la storia di Adam e Eden (evvai di nomen-omen).
Tanto tempo fa (o poco, o tra qualche annetto), in una galassia lontana lontana, due mondi vicinissimi ma governati da gravità diverse e peculiari, si sfiorano senza toccarsi: alla popolazione dell’uno è impossibile (e vietato) passare all’altro e viceversa. Subito la voce over del protagonista ci fa un lungo spiegone sulle regole che governano l’ecosistema: ma niente paura, è inutile. Non dovrete ricordarvi niente perché poi tutto di nuovo viene esemplificato nel corso del film. Sarà una costante: le cose si ribadiscono decine di volte o si ignorano bellamente se potrebbero inceppare la trama. Senza volervi rivelare troppo, ma naturalmente l’avrete capito, Adam e Eden appartengono ognuno a un mondo differente: lui a quello di sotto, povero e ricco d’energia, lei a quello di sopra, ricco e tecnologicamente avanzato (e quindi sfruttatore). Il loro primo incontro è solo la prima delle leggerezze di una sceneggiatura che è quasi un’offesa definire tale. Sembra quasi che il copione sia stato improvvisato giorno per giorno a seconda degli ambienti realizzati dal settore degli effetti speciali. Questi sì, curati davvero bene e capaci di creare un’atmosfera suggestiva, specie nel ‘collegamento’ tra mondi TransWorld, dove i colloqui coi capi si fanno a testa all’ingiù. Peccato che a ciò non corrisponda una trama degna di questo nome o anche solo un sussulto di sincera emozione. Tutte le parole e le azioni di questo film sono stucchevolmente prevedibili e meccaniche, tese unicamente a portare avanti un canovaccio banale senza considerare le parti più gustose (le questioni della gravità, la descrizione dei due mondi) e glissando inesorabilmente su punti che potrebbero costituire un inceppo, destinati a rimanere inspiegati, misteriosi o risolti con disarmante semplicità.
Purtroppo il comparto attoriale non aiuta: sprecata la faccia da baccalà di Jim Sturgess, mai così insopportabile e sopra le righe, e Kirsten Dunst mortificata da un ruolo da totano senza un filo di personalità. Si salvano in corner con la carineria, ma non scampano la pellicola da un naufragio che fa tanta rabbia perché bastava davvero pochissimo per avere un film, se non memorabile, almeno piacevole da citare e ricordare. Invece in questo modo sarà nel migliore dei casi dimenticato in fretta. L’argentino figlio d’arte Juan Solanas dovrebbe farsi dare qualche lezione dal suo buon padre, storico regista impegnato sudamericano.
Difficile trovare un film tanto visivamente curato quanto narrativamente sciatto come Upside Down.
Il nostro pollice va giù, e non è la gravità: nessun effetto speciale suggestivo potrà mai sostituire una storia ben raccontata.