The Dark Knight Rises – Il Cavaliere Oscuro il ritorno, la recensione!

Questa recensione non contiene spoiler, se non blandissimi e inevitabili riferimenti ad alcune dinamiche dell’ultima pellicola delle trilogia diretta da Christopher Nolan. E qualche nota finale, ma è segnalata bene, giuro!

Il mio consiglio è comunque di leggerla dopo aver visto il film.

Se volete un parere adatto alla vostra pre-visione, eccolo: Il cavaliere oscuro – il ritorno non è e non poteva essere come Il cavaliere oscuro. Non aspettatevi, per capirci, la stessa impressione finale. È un terzo capitolo, deve inevitabilmente alzare tutte le poste in gioco e chiudere i conti. Per farlo si connette di più a Batman Begins. E cerca di parlare di moltissime cose in un tempo relativamente breve. Merita di essere visto, senza se e senza ma. Non si discutono la regia, la musica, gli attori: tutto superbo, senza esagerare. Andate in sala a mente sgombra e non lasciatevi condizionare da niente e nessuno.

Adesso addentriamoci nella pellicola (da ora in poi TDKR, acronimo originale)
Come avrete notato sicuramente se lo avete visto, o saprete se avete amici che l’hanno fatto e sono giorni che ve la menano perché sono sconvolti, TDKR ha un sacco di buchi di trama, di leggerezze nella scrittura, di pecche nella gestione dei personaggi e della storia. No, la pellicola nel complesso non ne risente. Chi è che va in sala per vedere Batman e vuole sullo schermo un documentario sui pipistrelli? Nessuno, neppure i fratelli Nolan (non dimentichiamoci il co-sceneggiatore ed eminenza grigia Jonathan) che pure tentano in tutti i modi di tenere Batman fuori dalla pellicola e ci riescono per i suoi buoni tre quarti.

“Sì, sono Bruce Wayne e il suo tormento interiore che ci interessano. Sì, è Gotham City con i suoi abitanti e il suo precario equilibrio tra ordine e caos a sollazzare le nostre menti e la nostra penna”, vi diranno gli autori. Voi fategli pat pat sulla testolina e annuite. Poi reprimete dentro di voi l’urlo “Ma un po’ di Batman in più avrebbe fatto tanto male?” e ripensate a TDKR senza rancori.
Vi risparmio l’elenco delle cose che non vanno (o meglio, che non tornano o la cui ragione è difficile da giustificare) in sede di trama del film, perché gli elenchi non mi piacciono e non lo trovo utile ai fini dell’analisi dell’opera nel suo complesso. Se vogliamo trovare la pecca più grande di TDKR, basta citare l’evidente ansia nolaniana da “Ho scritto una storia della madonna e ti devo mostrare tutto, ma proprio tutto!”.

Immagino le mani nei capelli di chi ha dovuto leggere la prima stesura della sceneggiatura, e poi di chi ha dovuto mettere un freno o comunque qualche paletto ai Nolan in sede di montaggio (curato da Lee Smith). La certezza di tagli effettuati con l’accetta per ottenere il final cut è difficilmente confutabile. A farne le spese è soprattutto il “clima” generale della pellicola, che nonostante tutto ce la mette tutta per essere coerente ed evocativo e il più delle volte ci riesce.

The Dark Kinght Rises ha il grande merito di riportarci tutti sulla Terra: il Batman di Nolan non è mai stato reale o credibile, sociologico o “d’autore” (nell’accezione di chi per autoriale intende “serioso” e “veicolo di secondi/terzi/quarti livelli di lettura”). È sempre stato un dannato (quindi adorabile) fumetto, un cinecomic con pretese di messaggi “più alti”… come se i fumetti ben scritti, anche attraverso la sospensione dell’incredulità, non riuscissero a veicolare messaggi “alti”! Ma i Nolan si sono sempre affidati, per questo scopo, a dialoghi pregnanti e metafore piuttosto che ad avvenimenti o azioni ben giustificate.

Dunque, il vero problema di Nolan è che vuole essere talmente credibile e realistico da perdere totalmente ogni pretesa di questo genere quando non può fare a meno di ricorrere, per precedere nella trama, a soluzioni alternativamente fuori da ogni logica, sbrigative, facilone o telefonatissime.

Detto ciò, lo spettacolo vale il prezzo del biglietto, e anche più di uno, se è per questo. È coinvolgente. È epico. Ha dei momenti visivi forti e travolgenti. Ma toglietevi questa inutile aria di seriosità e fatevi una risata, ogni tanto. Why so serious? Sono solo pagine di fumetti, signori: dico a voi bambini, ragazzi, fanboys, critici, (adesso permettetemi un po’ di ironia) scienziati nucleari, ecologisti, fisioterapisti, ninja, autori di Carramba che sorpresa, broker, escapisti, carcerati.. e anche a voi fratelli Nolan, staff di fidati collaboratori compreso.

Il finale (diciamo pure i finali,và) ricade nella categoria “ne discutiamo da qui all’eternità”: a me gli ultimi minuti sono apparsi come una vera e propria mancanza di coraggio da parte dei Nolan. E badate bene, non sto dicendo che le ultime sequenze non siano emozionanti o non stiano bene lì dove sono e come sono state raccontante: sono semplicemente accomodanti, già viste e… realizzate col pilota automatico. Come tutte le cose pensate e scritte per non scontentare (quasi) nessuno, scontentano (quasi) tutti. Per le scelte, le modalità, l’ambiguità che ambiguità non è, anche qui però contro ogni logica, secondo quanto mostrato precedentemente (chi ha scritto di paragoni con Inception vada a mettersi un po’ di acido muriatico come collirio, che è meglio).

Tirando le somme, TDKR conferma tutte le qualità e i limiti del cinema dei Nolan: ultrascritto e blindato con sceneggiatura di qualità altalenante, girato benissimo, curato nei minimi dettagli, più interessato al cosa che al come e capace di creare una grande atmosfera. Quali siano le cose da salvare e quelle da buttare diventa un esercizio puramente soggettivo.
Il consiglio è di non perderlo, godersi lo spettacolo e salutare questo Batman, discusso e discutibile ma certamente indimenticabile.

 

 

E ora, per gli esigenti intransigenti: [ATTENZIONE SPOILER!]
[NON LEGGERE PER NESSUN MOTIVO SE NON AVETE VISTO IL FILM!]
– Perché ci ostiniamo a chiamare Catwoman un personaggio che non ha questo nome? Un nome ce l’ha, ed è Selina Kyle.
– Qui forse mi sono distratto, ma il Bat, finora, esattamente, dov’era rimasto? Non era proprio il caso di ritenerlo utile prima, eh? (qui c’è la chiara voglia di strafare nei mezzi: giocare al rialzo per il semplice gusto… e non c’è niente di male)
– Se un giorno sarò infermo o mi avranno sparato senza uccidermi, voglio i Nolan come dottori.
– E a proposito, paghiamo qualcuno che insegni a far uscire di scena in maniera dignitosa i personaggi ai Nolan, sia sotto il profilo della scrittura che della messinscena (sul serio: Foley, Bane, Miranda gridano vendetta).
– “Robin”? Andiamo, se dicevano Greyson non capiva nessuno, vero?