Capitan Venezia è un figo: intervista a Fabrizio Capigatti

Quando Fabrizio Capigatti risponde alla mia chiamata capisco subito che la chiacchierata che sta per cominciare sarà certamente memorabile.
Sono circa le dieci e sulla mia scrivania sono disposti i 6 volumi (il numero zero, piú i 5 volumi fino ad ora pubblicati) di Capitan Venezia, la sua creatura.

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Raccontami un po’ come è nato questo progetto, come nasce Capitan Venezia?
“Nel 2006 io ed Emanuele (Tenderini) abbiamo creato il personaggio, che all’inizio era molto piú disneyano… doveva essere stampato sulle tovagliette delle pizzerie.
Dopo i primi anni, abbiamo deciso di fare un restyling in chiave supereroistica; siamo partiti come non si dovrebbe mai partire: non avevamo una storia, non sapevamo dove andare a parare.
Io non sapevo niente… Ci ha salvati la serialitá, man mano decidevamo cosa fare e come farlo. Questa cosa ci ha un po’ parato il culo. [ride].
Sai, io ho preso coscienza di quello che doveva essere Capitan Venezia dal numero 3. I primi numeri sono più leggeri, di solo intrattenimento per il pubblico e di prove tecniche per me, dal terzo numero in poi ho deciso di voler cambiare il modo di vedere la storia, volevo dei personaggi piú veri. I personaggi devono essere umani. Perché il Batman di Nolan è una spanna avanti a tutti? Perché la sua modernità è stata di renderlo piú vero.”

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Perché la scelta di ambientarlo nel nostro paese? Come mai proprio Venezia?
“Volevamo riportare in auge il fumetto nella nostra città. Se pensi a Venezia pensi a Pratt.
Ma c’è anche altro! Pensa a Marco Checchetto che pubblica per la Marvel, Nora Moretti che ha pubblicato in Francia e Tenderini! Sono tutti artisti del panorama internazionale e qui, in casa propria, nessuno se li caga!
Capitan Venezia ha due anime: la parte trash, pop e la territorialità, che per me è un valore aggiunto.
È un discorso che lego anche al cinema: prendi Mery per sempre… È un film bellissimo proprio perché è territoriale: per il pubblico è tutto “vero”, lo spettatore “crede” in quello che vede. E se i personaggi avessero parlato in italiano? È la “verità” che conta. Certo, il Capitano è un po’ trash ma è questo che contribuisce a renderlo tale e pop.
In Capitan Venezia ho fatto arrestare il sindaco prima che succedesse davvero, si parla di fatti veri come la Jolly Rosso… sempre più la strada è quella: vogliamo trasmettere dei messaggi forti, denunciare ciò che non va attraverso il fumetto e ridare dignità al genere.”

Com’è stato lavorare con un team così variegato di disegnatori? Com’è stato il rapporto tra di voi?
Lavorare come sceneggiatore per il cinema è una cosa, creare un fumetto è un’altra: nel primo caso tu sei al servizio della regia, quando crei un fumetto siamo in due, io e il disegnatore. È importante la fiducia, il feeling, capirsi il piú possibile.
Il disegnatore mette tutto il suo talento visivo nella storia, lui lavora sulle immagini e può aiutarti nelle correzioni di regia nelle scelte delle inquadrature, soprattutto in fase di storyboard. Con Federico (Toffano) c’è un’intesa perfetta, ha azzeccato subito lo spirito della storia, mi legge nel pensiero.”

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Qual è la più grande difficoltà per un fumetto indipendente come il vostro?
“Abbiamo poca visibilità, siamo un’autoproduzione. Quello che desideriamo è espanderci… In Veneto un po’ ci conoscono ma perché andiamo in giro per fiere.
A Lucca abbiamo venduto un sacco, e la cosa che piú ci ha stupiti è che a comprare Capitan Venezia erano soprattutto i NON VENETI![ride]”

Progetti per il futuro?
“Capitan Venezia chiuderà con il sesto numero a Lucca, dove presenteremo anche un crossover ambientato a Roma… poi partirà la campagna di crowdfunding per cercare di produrre una nuova storia di Capitan Venezia, ma che sia unica, in un formato piú ricercato e molto più cattiva: i cittadini qui, e non solo qui, sono incazzati, e vogliamo dare voce a questo sentimento.
Per esempio è normale che uno (Galan) che ha patteggiato per aver rubato soldi dei contribuenti se ne torni pacifico in parlamento a prender ancora lo stipendio? Ecco a me queste cose fanno girare i coglioni ed è per quello che ci saranno anche queste cose nel fumetto… per me come scrittore è un dovere morale.
Il crossover in più sarà una sorta di esperimento, mi piacerebbe creare un Capitan Milano e un Capitan Palermo e collaborare con gli artisti del luogo.
Sai, vorrei poter vedere una serie di “Capitani d’Italia” [ride]

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A questo punto della storia, del progetto, Capitan Venezia è come volevi che fosse?
“Sì, sopratutto nell’ultimo periodo…
Da lettore, quando tornavo dal liceo artistico, compravo tutto quello che parlava di supereroi e per me è un sogno poter lavorare a un gruppo di supereroi italiani.”

Io e Fabrizio guardiamo il minutaggio sui rispettivi schermi e scopriamo di aver parlato, tra una domanda e l’altra, di fumetti, storie, film horror e della situazione del fumetto italiano per un tempo infinito e senza accorgercene.

Ci salutiamo, solo dopo essere riuscita a estorcergli la promessa di uno spinoff dedicato a Capitan Padova (ho minacciato di presentarmi a Lucca in cosplay) e di portare i miei sentiti complimenti, con annessi cuoricini, a Riccardo Bandiera, copertinista di Capitan Venezia, di cui sono diventata una spudorata fangirl.

Appuntamento a Lucca con Capitan Venezia e il 4-5 agosto con “47 Ronin Manga”, la mostra di Fabrizio Capigatti e Emanuele Tanderini del relativo progetto realizzato in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’International Manga Museum di Kyoto all’interno dell’Isola del Cinema nelle due giornate dedicate al Giappone a Roma presso l’Isola Tiberina.